il mio primo blog nacque nel 2011 in terra australiana: se continuate a leggere, troverete uno dietro l’altro i post che mi fecero scoprire quanto è bello scrivere.
inizia lento, come un normalissimo diario di viaggio, magari un po’ più ironico del solito. poi accelera e diventa qualcos’altro.
durante la mia permanenza in australia scrissi un post al giorno ma, per questo “recupero“, ho deciso di inserire solo quelli che mi piacciono ancora.
solo un dettaglio riguardo l’ora riportata in automatico ogni volta che postavo qualcosa: si tratta dell’ora italiana quindi occorre aggiundere 8 ore fino a fine marzo, poi 10.
post inaugurativo postato da blog.studiogeologicobc.it [27/02/2011 03:57]
dopo alluvioni e tifoni, preannuncianti il mio arrivo, ho raggiunto la meta: ore 20,22 locali (2 minuti di ritardo per 16.500 km circa…come le nostre FFSS -FetentissimeFerrovieStranamentSopravvissute) bagagli e bici sono giunti ancora prima che finissi il controllo passaporto con l’imballo della bici privo di qualsiasi ammaccatura. fortuna?…ore 20,50.
sono passato al controllo “quarantena”, visto che lo scatolone della bici non sono riuscito a nasconderlo nelle mutande. l’addetta mi ha guardato, mentre tiravo fuori la mano, gli ho fatto la mia faccia beata, mi ha fatto passare…ore 21,10
quindi mi sono messo a montare la bici. i tubeless hanno perso tutto il liquido antiforatura e hanno perso di aderenza con il cerchione, quindi ho dovuto montare le camere d’aria. per qualche motivo una maglia della catena (che avevo riposto con cura) si è rotta, per il resto, tutto a posto. montaggio eseguito…ore 22,15



prima di partire avevo immerso la catena nel grasso esausto di trattore russo…mi sono un po’ macchiato nella fase di montaggio. i bagni dell’aeroporto sono serviti alla bisogna. mi mancava solo di stendere le mutande…ore 23,09
a bici montata e bagagli pronti sono così uscito dall’aeroporto, per rientrarci subito! mi sono chiesto “dove cazzo vado?”…ho quindi preso il trenino di collegamento aeroporto-città. semplice, veloce, pulito…direzione centro…stazione circular quay…ore 23,39.
l’opera postato da blog.studiogeologicobc.it [27/02/2011 05:26]
dopo una quindicina di minuti di trenino, sceso alla fermata circular quay, ho visto l’unico edificio australiano conosciuto da tutti: il teatro dell’opera.
disegnato da un danese (tale utzon, famoso anche per aver disegnato tombini, tappi di dentifricio e lacci per scarpe), progettato da ingegneri inglesi, costruito da operai italiani ed irlandesi, è quanto di più australiano ci possa essere. è bello.
anche il ponte di legno di fronte all’opera è interessante…pare si chiami harbour.
poi, si vaga. avanti e indietro da george, elizabeth, king, pitt st.
sono le due, tre, quattro di notte e le strade sono piene. sarà che è il “mardi gras” edizione 2011? con la comunità gay e lesbo sparsa in ogni dove…
in questi giorni qualche nano, senza capelli, colluso con la mafia da 40 anni, che ha pagato la sacra rota per annullare un matrimonio e sposare la sua amante in chiesa, che è stato lasciato dalla sua vecchia amante-moglie che ha dichiarato “è malato, va con le minorenni“, che considera le donne come ammenicoli, che fa le feste con le babyescord maancheiofacciolefestemanonconleescordenontrombole minorennianchesevorreimanonmeladannomacomunqueiononsonopresidentedelconsiglio equindialmassimomisputtanereimentreluirimanericattabileavita, in questi giorni, dicevo, il nano ha tirato di nuovo fuori di come sono importanti i valori e di come la famiglia deve essere il cardine su cui tutto gira…e che mai si potranno accettare adozioni, ma anche matrimoni, per le coppie omosessuali. che dire…se lo dice lui.
c’è qualcuno che ha bevuto tanto e sta male, con qualcuno accanto che gli fa compagnia.
c’è qualcuno ubriaco che canta/urla/ride
c’è una coppia ciucca persa che mi ferma e parlando in una lingua incomprensibile (l’inglese, probabilmente), fa dei complimenti, evidenti, alla mia bici…vorrebbero anche salirci sopra, ma io, gentilmente, gli dico, testuale, “thank’s, very kind, but there isn’t nothing pipe for you”…e torno a vagare.
senza neanche accorgermene arriva l’alba, e i festanti lasciano il posto ai joggers e ai passerotti.
mi faccio la mia prima colazione australiana ordinando un canadian breakfast.
e attendo l’apertura dell’ufficio informazioni.
l’info-point postato da blog.studiogeologicobc.it [27/02/2011 06:03]
alle nove e trenta l’ufficio informazioni apre.
tutte ragazze e un ragazzo occhialuto, che però la sa lunga…
mi siedo e inizio lo show.
ealin è gentile e paziente, poi alza le testa (ma non al cielo) e chiama maria. a volte anche il nome può sembrare profetico. ovviamente è italiana, come anche roberta, una pallavolista che avevo notato dietro il bancone.
grazie a maria, ealin può rilassarsi un po’. ci si presenta.
irlanda, spagna, nuova zelanda sono alcuni dei posti dove è rimasta per più di tre mesi. è in australia da 5 anni.
passerano marmorito, scopello, mazzè, zibido sono splendide località che non conosce ma che io ho attraversato.
gli ricordo lei quando è arrivata la prima volta a sydney. scatta il senso materno e mi dà il suo numero di telefono. è solo la gentilezza australiana che contagia.
si continua a chiacchiarare. mi dicono che sono stato molto fortunato ad essere riuscito a passare i controlli in aeroporto senza avere il biglietto di ritorno. saranno stati i jeans di jean paul gaultier. però mi dà l’impressione che esagerino.
lasciando fare, mi prenotano le prossime 8 notti: 2 a katoomba, 4 a sydney, 2 a camberra.
questo fine settimana a sydney è tutto pieno (già da tempo). rimangono solo gli alberghi da 250$ in sù. mardi gras è molto sentito.
bene, almeno questa notte dormirò.
il resto della giornata cammino.
alle 16 parto per katoomba, sulle blue montains.
le blue montains postato da blog.studiogeologicobc.it [27/02/2011 14:09]
dopo 2 ore di treno (come quello della ceres-torino o ciriè-lanzo a dir si voglia) sono arrivato a katoonba…ore 18,05
narra la leggenda che il nome sia stato dato da una leggiadra fanciulla che, insidiata da un antico dio terreno, vedendo lo strumento dell’insidia, esclamò: katoonba!
qui in australia non si spiana niente, quindi le città seguono la morfologia…katoonga è come san francisco, ma senza michael douglas.
quindi si arriva alla stazione, poi si prosegue un po’ in salita per poi buttarsi in discesa che neanche una pista di down hill! per questo sono tutti sportivi qui. provate a portare le borse della spesa su e giù da un trampolino di salto con gli sci!
a circa 3/4 della discesa, prima di arrivare alla scarpata delle blue mountains, c’è l’ostello dove le brave ragazze dell’info point di sydney mi hanno prenotato un letto.
bel posto e molto organizzato. presenza di ragazzi, famiglie, anziani e di un geologo…che abbassa la qualità.
doccia e poi crollo sul primo letto che vedo da quasi 3 giorni.
…
la mattina ha l’oro in bocca…quindi mi alzo alle 9,35.
colazione al common, locale in stile mormone-new age-zen in cui ci lavorano almeno 39 persone. avranno 40 posti, sempre pieni, ma dalla cucina spuntavano in continuazione nuovi uomini con la barba e codino e donne con i grembiuloni e la cuffietta. bel posto e delle belle cuffiette. sarà che è domenica e il proprietario ha chiamato tutta la famiglia: chissa che paghetta a fine giornata.
tornato in ostello, preso dal sacro fuoco della gestione, mi metto a creare il blog. come dio nel primo giorno ha buttato un sacco di adami con le sembianze di nani stempiati e con il riporto, similmente feci.
cristono per un po’ perchè non riesco ad inserire neanche un’immagine. cercherò di risolvere il problema entro il ritorno [e come vedete, un po’ in ritardo, ma ce l’ho fatta – 03/03/2011]
la giornata è piovosa e uggiosa, anche per questo non sono subito uscito a pedalare. aspetto le 17, ora consona a tutte le gite in mezzo ai boschi
arrivo al primo posto panoramico…minchia! qualcuno pensa che l’australia sia tutta un deserto? non ha visto le blue mountains!
molti sanno quanto sono fissato con la linea dell’orizzonte sgombra da qualsiasi porco manufatto umano. qui ho trovato pane per i miei denti senza carie.
incontro un sacco di ragazzi, soli, in coppia o in gruppetto, tutti cordiali e interessati alla bici. peccato che abbiamo la pessima abitutine di esprimersi con un idioma indigeno incomprensibile.
il parco delle blue mountains è splendito, si potrebbe passarci mesi, se uno è appassionato di ornitologia, ma in bici è dura…è tutto un gradino!
faccio circa 350 m di dislivello su scale ma non riesco ad arrivare alla base della vallata…e poi cazz…possibile che già alle 19,30, sotto il bosco, non ci sia più luce?
prendo un sentiero che sale lungo la linea di massima pendenza (si fa prima) e alle 20,05 sono di nuovo in ostello.
doccia, bucato e poi di nuovo al common che, essendo mormone, chiude alle 21! ma tutta katoonga chiude alle 21. solo qualche ristorante thailandese e domino’s pizza sono aperti.
chissà come fanno la pizza gli australiani? come gli italiani fanno i boomerang…
torno all’ostello e aggiorno fb e il blog
a domani…si torna a sydney!
le icone postato da blog.studiogeologicobc.it [28/02/2011 11:29]
oggi ho visto i miei primi canguri e il mio primo aborigeno.
i canguri facevano i canguri, l’aborigeno faceva il barbone.
i canguri stavano facendo “certo che è sempre bello il treno“, come Pozzetto nel film “il ragazzo di campagna“. li ho visti, nei pressi di wentwort, nel viaggio di rientro da katoonba verso sydney. erano lì, in tre, con le zampe a cercare gli occhiali nel marsupio, ma il treno è stato più veloce. uno sembrava dire agli altri “ve lo avevo detto che dovevamo arrivare prima“. quindi esistono, non sono un parto della warner bros, alla ricerca di un altro avversario per silvestro.
l’aborigeno era steso sopra dei cartoni in un corridoio di accesso alla stazione centrale di sydney. guardava passare la gente.
vivere per adeguarsi o vivere per vivere? sembra che la maggioranza non abbia dubbi. però, chissà se è più emozionante, con il palmo di una mano, sentire la Terra, oppure avere un conto corrente a 5 zeri?
la vita a volte non ci sente ma noi, cosa facciamo per sentirla?
io sono mezzo sordo, ma mi sto impegnando.
l’onta postato da blog.studiogeologicobc.it [01/03/2011 16:11]
non ci sono più le stagioni di una volta…qui in australia lo sanno bene. esci che sembra che possa scoppiare un tornado, con 18°C, poi si alza un vento che al confronto il nostro foehn sembra un’alitata di una vacca e dopo qualche ora la temperatura sfiora i 34°…grande…ci vuole un fisico temprato.
no…come inizio non va bene.
vi ho detto che la connessione internet degli ostelli (quella più economica) dura 24 ore dal momento che si accede per la prima volta….ebbene, ieri sera (ora di pranzo da voi) per 58 secondi non sono riuscito a postare il post precedente. la “maremma troia” che ho urlato ha fatto spaventare un gruppetto di ragazzi giapponesi, che assomiglieranno anche a bruce lee, ma hanno il coraggio di una gazzella morta su una scogliera…
no…anche così l’inizio non mi garba.
oggi ho avuto la conferma che portare la bici è stata una grande pensata (d’altra parte, con un ostetrico come me, il mio cervello riesce a partorire senza problemi anche pinocchietti da 6 kg). passando prima da neutral bay e sullo harbour bridge, poi da mosman, attraversando lo spit bridge e percorrendo manly, sono arrivato prima al tania park, poi al sydney harbour national park e infine al manly dam park. in quest’ultimo parco, dove, in teoria, avrei dovuto vedere i cazzo di canguri, mi sono fatto 20 km su uno dei sentieri per mountain bike più belli che abbia mai visto…ma su questo argomento scriverò un post quando andrò a “rifarlo”, scattando anche un po’ di foto (per la gioia degli appassionati…).
no…non gira neanche così…vi siete messi comodi, vero? la vedo lunga…
con tutto quello che voglio fare oggi, sveglia alle 7. ma poi mi sento dire “ah,ah,ah!!”…mi giro dall’altra parte e mi alzo alle 8,20. quindi, già vestito da biker, faccio la colazione più grassa e porca della mia vita nel ristorante annesso all’ostello…le salcicce, i fagioli e le uova fritte mi daranno un’arsura palatale fino alle 15. per fortuna, per migliorare la digestione, c’erano anche 3 fette al burro di koala fritto (il burro, non il koala…ma tanto per quello che servono).
partenza dal garage dell’ostello, a due passi dalla stazione centrale, alle ore 9,24. ora locale.
dotazione: casco, brugole, chiavi e chiavette, due camere d’aria, bandana, pompa, crema protezione 36, macchina fotografica grande, macchina fotografica piccola, 15 $ australiani in contanti, coltellino svizzero, costume da bagno, borraccia piena, passaporto, dépliant turistico dell’agenzia che organizza i 4 itinerari in bici a manly beach…con una splendida cartina fuori scala che esclude tutta sydney città…ma tanto che mi serve una carta più dettagliata? sono un geologo o un caporale? a fine giornata ho fatto la foto alla cartina…così potete vederla anche voi.
primo passo: attraversare l’harbour bridge. facile, è a fianco del teatro dell’opera. ci arrivo in fretta. ma sotto. quindi torno indietro per imbroccare il livello base del ponte. lo trovo e mi stupisco nel trovarvi una pista ciclabile dedicata unicamente alle bici. unicamente. i pedoni intercettati, vengono fucilati.
secondo passo: trovare lo spit bridge. in un baracchino di informazioni, dove ho trovato un croato con nonna argentina che parla anche il giapponese, mi è stato detto che dopo l’harbour, per arrivare allo spit, occorre transitare sulla military road. peccato che dopo l’harbour si dipanino una serie di strade, anche di stampo autostradale. trovo alcuni gentili taxisti pakistani che delicatamente mi fanno notare che gli sto dando fastidio…io gli rispondo che possono usare i chicchi più grossi di cardamomo per infilarseli nell’uretra. sembra che abbiano capito, perché non mi danno più fastidio. quindi chiedo a una cara coppietta di vecchi australiani la direzione corretta. lei è probabilmente spaventata dal fatto che possa essere un testimone di geova e mi guarda con sospetto, ma lui mi spiega gentilmente che sto andando, sì nella direzione giusta (sono un geologo o un caporale?), ma sono a valle della military road. raddrizzo la Bianchi e arrivo al ponte spit dopo poco. lo attraverso ed entro, finalmente, nell’area fittamente cartografata dal depliant.
terzo passo: arrivare al tania park, dove si possono ammirare dei graffiti aborigeni, giungere in una bella spiaggia sotto le scogliere e godere di un grande panorama sulla neutral bay. prendo il tragitto indicato sulla cartina (il magenta): sono curioso del perché non segua un tracciato lineare, ma molto tortuoso. perché? così si possono vedere un po’ delle casette a un piano che rappresentano la caratteristica architettonica di manly…per un europeo, una goduria. noto, nuovamente, le innumerevoli salite e discese, assolutamente vertiginose per un ambiente urbano. vedo delle mamme che spingono dei passeggini come se fossero vagoncini pieni di carbone. polpacci robusti. arrivo nel parco. carini i punti panoramici,
ma sono più incuriosito dai graffiti. arrivo al grotto point e, andando verso la castle rock beach, li incontro. mi aspettavo delle protezioni dalle intemperie, invece ci sono soltanto delle cornici fatte con tronchi. sono pesci, cazzo di canguri, boomerang, uccelli… interessanti.
proseguo verso la spiaggia, sul sentiero che diventa spesso una scala. rimango affascinato dalla vegetazione, così affascinato che non mi accorgo di un varano di 80 cm che sbarra il sentiero. ci guardiamo…ci studiamo…ma quando un varano dalle zampe alte 15 cm incontra un geologo con le gambe lunghe più di un metro, ebbene…il varano non ha speranza!
la spiaggetta in cui mi fermo non è quella indicata (troppa gente) ma è deserta e bella. qui faccio il mio primo bagno nell’oceano pacifico!
adesso il sole picchia duro…ma ho con me la protezione 36. torno indietro, recupero la Bianchi (che ho dovuto lasciare alla sbarra all’inizio del sentiero, proibito alle bici) e mi dirigo verso il centro di manly.
quarto passo: arrivare al sydney harbour national park, le cui caratteristiche sono i panorami mozzafiato. quindi seguendo il tracciato arancione che, passando per la via roma di manly, pomposamente chiamata the corso, e davanti al st patrick’s estate, un collegio per fighetti (che sembra un castello), arrivo al parco.
proseguo all’interno fino a raggiungere le altucce scogliere a perpendicolo sul mare: lo skyline di sydney in tutto il suo splendore è servito.
riesco anche a farmi un autoscatto: in 10 secondi, pulsante di scatto della macchina fotografica posizionata sul tetto, alto 2 m, di un punto di osservazione a picco sulla scogliera, salto dal tetto, apertura del passaggio infestato dalle ginestre locali, posa da macho…una volta soffrivo di vertigini.
si ritorna verso il centro di manly, per passare sulla famosa spiaggia.
quinto passo: passare in bici sulla manly beach, tracciato giallo. durata 7 minuti, comprese le foto di rito.
sesto passo: arrivare, finalmente, seguendo il tracciato rosso, all’interno del manly dam park, dove potrò, sfoderando tutta la potenza della Bianchi, solcare su “a mountain bikers paradise…one of the premier off road mtb tracks in sydney”. tra l’altro dovrebbero anche esserci i cazzo di canguri. arrivo abbastanza velocemente (sono le 16,05) all’inizio del sentiero, direi scarsamente segnalato. mi accorgo che ci sono diversi percorsi, tutti ad anello, per “intermediate” e “advanced…prendo quello consigliato agli all black. tra di voi dovrebbe esserci qualche appassionato di mtb…20 km in mezzo a boschi (fitti), costeggianti il lago di manly, con superficie che passa dalla terra battuta, ai ciottoli, al substrato calcareo levigato, alle tavole di legno, ai gradini rocciosi spigolosi, ai ruscelli, il tutto con andamento all’australiana: stile montagne russe! enjoy my Bianchi! come anticipato lo andrò a rifare per documentare i passaggi più interessanti. e i cazzo di canguri? la loro presenza era segnalata da piccole palline…morissero!
a questo punto non mi rimane altro da fare che tornare. ma “i’m very tired“, visto che non mangio da stamattina e mi sono fermato solo per le foto e comprare bevande e con il sole che, picchiando per gran parte della giornata, mi ha prosciugato, nonostante i circa 4 litri di liquidi ingurgitati. sento i muscoli, usati dal mio grazioso corpicino come combustibile, che mi lanciano bestemmie in fenicio. faccio un rapido calcolo di quali sostanze manchino all’appello…segno di spunta su proteine, carboidrati, sali e grassi…però trovo una scorta nascosta di vitamina B32 che non sapevo di avere, ma non serve ad un cazzo. se voglio arrivare all’ostello devo assimilare in fretta un po’ di tutto…soprattutto di zuccheri (i carboidrati che vanno subito nel serbatoio). parte dei soldi sono serviti per non diventare un pomodoro secco, mi rimangono meno di 10 $, non vedo un cambio, al bancomat in cui mi fermo sono finiti i soldi…le bestemmie in fenicio sono diventate più forti…e qui, devastato dai sensi di colpa, sono costretto a lacerarmi a macetate un principio per me assurto al rango di dogma da molti anni. memore delle spiegazioni dettagliate del grande film “super size me”, mi fermo sotto una grande m. e con la cifra di 7 $ mi viene consegnato un grande panino fatto con il pane impastato con il grano migliore dell’australia, la carne proveniente dai migliori allevamenti australiani, con la lattuga ghiaccio cresciuta da contadine vergini australiane, il cetriolo manipolato da una loro amica diversa…solo la cipolla non la caga nessuno…forse quella la coltivano nel new jersey. per buttare giù questo concentrato di prodotti di filiera controllata e presidi slow food mi bevo la seconda coca della giornata…i 3 etti di zucchero contenuti mi fanno ripartire come un razzo. arrivo allo spit bridge e, attraversandolo, mi accorgo di un’indicazione per un percorso ciclabile per arrivare nel nord di sydney. in realtà, più che piste ciclabili, sono stradine poco battute…e, essendo poco battute, presentano una pendenza ancora maggiore di quelle battute. cazzo! ma i caterpillar esistono! e spianare un po’! australiani di merda!
nuovamente l’harbour bridge si fa un po’ desiderare, visto che ad un certo punto, in fase di avvicinamento, il transito alle bici è vietato…indicazioni su dove devono passare i ciclisti non ne ho viste. zigzagando arrivo alla pista ciclabile del ponte e attraverso la baia. 15 minuti dopo arrivo all’ostello.
sono le ore 20,08
bella giornata…a parte l’onta.
il bucato postato da blog.studiogeologicobc.it [03/03/2011 12:43]
oggi ho fatto il bravo ometto. o meglio, l’intenzione era quella.
vi ho già detto che sono in una stanza da 8. essendoci parecchio ricambio si sono avvicendati compagni di stanza di varia natura: dall’ultra cinquantenne australiano, che parlava con un kiwi in bocca (il cazzo di uccello, non il frutto peloso) e non lo capivano neanche gli altri indigeni, ai ragazzi giapponesi belli squadrati, che si facevano la branda come i fanti sotto il comando del sergente Gunny, dai ragazzini del continente che dormono 12 ore al giorno, visto che alle 22 sono già a letto e alle 10 ancora, al ciccione coreano che si è fatto una canadese sotto il letto a castello. alla mattina, quindi, è estremamente variabile la prima sveglia, data dalla cazzo di porta che, aprendosi con una tessera magnetica, emette un suono stile i velociraptor di jurassic park: il primo che esce (presumibilmente per andare a infiocchettarsi il pelo del pube), quando rientra, chiama spielberg. di solito si inizia verso le 7. di solito sono i giapu. di solito si sente anche il verso della capretta, olocausto per il t-rex.
dicevo che pensavo di condurre una giornata disciplinata fin dal mattino ma, complice la seconda notte di fila con posa sul cuscino alle 3, quando stamattina ho sentito la capretta, ho inveito in neandertaliano: trattasi di verso scaturito dalla laringe ogni qual volta si appoggia la lingua sul palato, si contraggono le narici e si inspira come se ci si dovesse fare una striscia lunga come un campo da calcio. quindi, diligentemente, mi sono girato, rimanendo a letto fino alle 10.
mentre facevo colazione, con prodotti approvati dall’associazione nutrizionisti (a parte il burro di arachidi, che appena lo spalmi, senti il fegato che ti tira le palle), ho pianificato la giornata. ovviamente, non mi viene mai come nel disegno leonardesco mattutino…alla fine, assomiglia più ad un Pollock. però bisogna provarci, no? l’idea era quella di fare una spesina, trovare una maniera più economica per connettermi, farmi un giretto in bici per la città, andare a trovare maria, la ragazza italiana conosciuta la prima mattina nell’ufficio informazioni, capire da dove dovrò prendere il treno domani, quando andrò a camberra, e infine, fare il bucato. nel complesso ho fatto quasi tutto, ma:
la spesina, rappresentata da un doccia-schiuma, un sapone, del detersivo per lavatrice, dei fazzoletti, una confezione di spaghetti giapponesi disidratati al curry e verdure e una bottiglia di latte, l’ho fatta in tre negozietti diversi, in quanto, con raccapriccio, mi sono accorto che non è (sempre?) obbligatorio esporre i prezzi, e la differenza può superare il 100%. vi racconterò, in un prossimo post, dei prezzi nella zona di sydney…sembrano come un racconto di Bukowsky…fuori di testa!
la connessione più economica la si può trovare o nei fast food dove ho messo in atto l’onta, oppure in alcune biblioteche. in realtà è gratis sono nelle biblioteche, visto che dagli emissari del diavolo della grande m devi pur sempre assassinarti le budella. e le biblioteche chiudono alle 17, le 7 da voi. sono ad un empasse.
il giretto in bici, l’ho fatto, ma oggi ci sono stati più di 30° in una giornata quasi completamente tersa, quindi, volendo rimanere presentabile, data la mia capacità di sudare anche sbattendo le ciglia, non ho mai superato i 5 km/h. poco di nuovo, quindi, è stato documentato.
la maria l’ho trovata al suo posto di lavoro. nella sua pausa pranzo di mezz’ora mi ha un po’ raccontato della sua vita e di qualche aspetto della società australiana. avrei voluto sapere di più, ovviamente, ma la mezz’ora è volata. ci si rivedrà, forse, al mio ritorno da camberra, la prossima settimana.
la stazione centrale di sydney, che non è più grande di porta nuova, è a 5 minuti dall’ostello, ma ci sono arrivato verso le 16, quando è stata inondata da centinaia di ragazzini usciti dalle scuole. non ci ho perso troppo tempo, ci penserò domani.
da quando sono tornato dalle blue mountains non ho più fatto il bucato; ho quindi accumulando un po’ di roba. negli ostelli yha ci sono delle stanze lavanderia ben organizzate: lavatrici, asciugatrici e ferri da stiro, ti permettono di fare tutto il necessario. vi ho già detto che qui a sydney non regalano niente? beh, i ferri da stiro te li fanno usare a gratis, ma lavatrici ed asciugatrici costano entrambe 3 $. purtroppo nell’ostello dove mi trovo ora, in un palazzo a ridosso del centro, non c’è una zona “stendino” (anche se per un momento ho pensato di stendere sul tetto, dove c’è la piscina…ma gli italiani, qui in australia, hanno impiegato 60 anni per farsi accettare…non mi sembrava il caso di farli regredire di nuovo al rango attualmente occupato dai cinesi). obbligatorio, quindi, utilizzare anche quell’aggeggio che per noi è quasi misterioso come il teletrasporto di star trek: l’asciugatrice. mentre c’ero, ho deciso di mettere in lavatrice anche la roba che avevo addosso….mi accorgo, però, che le monete accettate sono soltanto quelle da 1 $ a da 20 c…mi rivesto sommariamente e scendo in reception a cambiare…risalgo…mi svesto, e mi accorgo di aver lasciato il detersivo in stanza. scazzato, ho deciso di fare come il protagonista di un film (non ricordo quale) che gratta, con una grattugia, il sapone dentro la vaschetta del detersivo. la grattugia non ce l’ho nella mia dotazione australiana, ma ho il coltellino svizzero, sempre con me nel borsellino…mi sono quindi messo a piallare, asciugamano in vita, un pezzo di sapone. pialla e pialla, mi cala l’asciugamano, mostrando una bella chiappa tornita…entra una giapponese a testa bassa…alza gli occhi e mi vede con una chiappa fuori che sodomizzo il sapone con il coltellino…con noncuranza gli dico: “french metod”…lei sorride, mi dice “sorry” ed esce. finisco di piallare. accendo la macchina e vado a fare la doccia. poco fa l’ho rivista con le sue amiche…chissà se gli ha detto che ho delle belle chiappe?
la città postato da blog.studiogeologicobc.it [03/03/2011 16:27]
dicono…chi la dura la vince…batti il ferro finchè è caldo…monta la vacca mentre non ti guarda…
per la gioia di tutti (adesso sono diventati 3…anche mio padre mi legge), oggi doppio post…e con sussidio visivo (per gli altri post recupererò mano a mano). per gli amici di fb: non ci troverete niente di nuovo, credo.
un elemento fondamentale che distingue un popolo sono gli accessori che si accompagnano ai vestiti…caratterizzano in modo peculiare e fisiognomico…qui si possono notare molti tra gli accessori più utilizzati, come l’ipod…
l’australia è stata fondata da galeotti, gente brutta dentro e, come dice lombroso, anche brutta fuori…qui di seguito ce ne sono diversi esempi
nell’immagine qui a lato, la caratteristica fondamentale non è l’abbigliamento che si potrebbe definire eccentrico, ma la cannuccia. credo che la proprietaria delle labbra che la cincevano, stesse pensando al pranzo domenicale con i genitori, visto che se la girava e rigirava, la faceva salire e scendere dal bicchiere, la mordicchiava…
gli australiani corrono molto, questi sono tipici joggers
qui invece si può osservare una classica ragazza australiana che corre…è venuta mossa perchè la lingua mi impediva di mettere a fuoco a dovere
le ragazze normali camminano e basta…ma notate la regolarità del muretto…
qui invece ci sono due rari australiani brutti
questo è un tipico cantiere di sydney…è più ordinato di una scrivania di un tipico impiegato italiano
le strisce pedonali esistono anche qui…ma non indicano che la maggioranza della popolazione è tifosa della juventus o del tottenham…servono per indicare che lì il pedone ha la precedenza…
sono però molto più incivili di noi per quanto riguarda i ricordi canini…qui si può notare un selciato completamente imbrattato
e che dire dell’architettura della city…munificente…i progettisti hanno impresso, fin dal primo edificio elevato, una certa essenzialità delle forme che ha portato, di anno in anno, a concretizzare un forte senso di purezza architettonica, senza fronzoli e orpelli. l’uso di acciaio e vetro a vista, anche sbalzato rispetto alla facciata, rende ancora più sericeo e tantrico l’effetto che si può percepire osservandola da un adeguato punto panoramico…
ma sydney vuol dire anche parchi e quindi fauna…
qui sotto un uccello marrone
un uccello verde
un uccello molto brutto
sembra che gli australiani abbiano una predilezione nella cammianta a piedi scalzi…si spendono milioni di dollari per curare gli effetti di questa scellerata abitudine…il ministero della salute ha adottato, perciò, delle misure deterrenti…la scritta dice “boy extracting thorn”
nei parchi si trova di tutto…uno strano albero
e si fa di tutto…si legge…
si prega…
ci si imbatte in cartelli che servono a ricordare agli australiani che guidano dalla parte sbagliata della strada
l’elemento più caratteristico dell’intera città di sydney però, è il seguente.
in italia servono ad allenare il tendine estensore dell’indice, difficilmente movimentabile altrimenti, qui a sydney a chiamare il passaggio pedonale
il greyhound postato da toscalamosca [04/03/2011 12:21]
come arrivare a canberra, la famosa capitale dell’australia che tutti conoscono?
le opzioni sono: treno, pullman, bici, auto, piedi. 290 km sono però tanti con un trolley. si potrebbero consumare i cuscinetti delle ruote. l’auto è pericolosa…con tutti questi coglioni che guidano dalla parte sbagliata. in bici il problema potrebbe manifestarsi al 236esimo km, per mancanza di punti di approvvigionamento idrico. il treno parte da una stazione che è suburban/urban/country/city/intercity/stracazzcity…e poi la bianchi soffre le rotaie, l’ho capito quando sono andato a katoomba.
passeggiando per la città, ho scoperto che attaccato all’ostello non c’è soltanto la stazione, ma anche la sede locale della greyhound australia. un segno…
ore 12,30 con la Bianchi nel bagagliaio, si lascia sydney su un bel pullmone rosso. temperatura esterna a circa 28°, temperatura interna 24°.
ma lentamente la temperatura interna sale, sale…arriva a poche lunghezza da quella esterna…scatta, la folla è in delirio…l’affianca, grandiosa rimonta…la suuuupera! nessuno ci può credere, da almanacco! qui si fa la storia! dal 60esimo km la temperatura interna arriva a 34° e, fino alla fine del viaggio, per quella esterna non c’è più niente da fare. signore e signori è stata una grande giornata di sport…qui Ciotti, linea allo studio.
sul pullmone siamo tutti stranieri. forse qualche australiano è mimetizzato da inglese. lo fanno apposta per confondere le idee. ci sono i soliti giapu che, con tecniche zen/tantriche/ayurvediche/bostik si tappano tutti i pori della pelle e sudano soltanto dalla narice sinistra riempiendo, discretamente, una tanica da riutilizzare alla bisogna; ci sono gli indiani, che tanto sono abituati ad essere bolliti e riempiti di chiodi; c’è un russo, che viene tumulato all’80esimo km; ci sono gli inglesi, che si lamentano con l’autista, dicendo che si deve fare qualcosa, oppure sarà ripristinata la tassa sul tè; poi ci sono io, che non mi accorgo di niente, non mi sfiora niente, sono al di sopra di tutto, perché sono un asceta. l’autista, ad un certo punto, ferma anche il pullmone, scende, fa finta di controllare qualche bullone che tiene la trasmissione, risale e dice…che cazzo ne so quello che dice! parla con un branco di trichechi infilati nel cavo otorinofaringeo! però ha un tono di scuse. gentile. tra l’altro effettua anche una sosta a circa 75 km da camberra, assolutamente non prevista. tutti noi passeggeri ne approfittiamo e imbastiamo velocemente un funerale vichingo per il norvegese spirato poco prima.
si arriva con 7 minuti di ritardo al terminal di canberra (a 5 minuti a piedi dal mio prossimo ostello). il responsabile dei greyhound è già davanti alla porta con una vergine di norimberga in cui infilare l’autista.
primo impatto della città molto interessante. sarebbe piaciuta a marinetti, boccioni, carrà, severini e Depero.
gli amici appassionati e fabbricatori di arte e architettura (contemporanea) ne vedranno delle belle.
la città del sole postato da toscalamosca [05/03/2011 13:02]
canberra…100 anni fa non esisteva. oggi è quanto di più vicino al mito della città ideale che ho studiato sui libri e che abbia visto nella mia vita. d’accordo, hai 1000 kmq a disposizione, indici un concorso internazionale per il progetto della nuova capitale, un sacco di soldi e manovalanza economica, potrebbe non essere così difficile a parole. ma qui l’hanno fatto.
tutto è al posto giusto. non puoi perderti neanche se sei un farmacista o uno hobbit. ci sono così tante oasi verdi o parchi che vorresti essere una pecora o un lemure. c’è un fiume-lago che divide la città e che la renderebbe il paradiso dei pescatori…se non fosse che se ti beccano a pescare ti usano come esca per la caccia al varano gigante.
e c’è una pace che fa un rumore tremendo. nonostante questo, di giorno in giorno percepisco sempre più il senso di colpa o l’ineffabile malessere che i “nuovi” australiani hanno nei confronti degli aborigeni. ne parlerò.
ciò non toglie che questi discendenti di galeotti siano riusciti a costruire delle gran belle città. canberra è eccezionale. il suo razionalismo architettonico sicuramente non piace a molti europei. ma c’è qualcosa nelle simmetrie, nei viali lineari e larghi, nella concentricità della città-sud e esagonalità della città-nord, nei parchi e nel fiume-lago che ti fanno stare bene. mentre giro in bici lungo le sponde del fiume-lago si percepisce una serenità surreale.
eppure non ci sono soltanto lettori che declamano la Repubblica di Platone…ci sono i soliti jogger, personal trainer con i propri clienti, ragazzi che giocano a calcio (!), un sacco di ciclisti, delle gare di canoa tradizionale con equipaggi da 20 (anche di ragazze under 18), e tutta quella gente che normalmente vive la città.
non so se mi piacerebbe vivere qui. ma credo sia difficile rimanere stressati a lungo qui a canberra.
il tappino postato da toscalamosca [06/03/2011 07:12]
ho deciso di fermarmi ancora un giorno a canberra. così potrò vederla in un giorno feriale. sono curioso. dopo, mi fermerò almeno 4 giorni a melbourne: voglio andare a sentire un po’ di commenti tra la comunità italiana. utility. e poi…mi sento un po’ come Zeb Macahan!
ho appena terminato la mia colazione. stamattina indiano: riso, pollo al mango, nan (no, la peperonata l’avevano finita). da bere, ero indeciso, ma visto che il tè verde mi fa cagare, soprattutto senza zucchero, ho optato per la sacra lattina rossa (curiosità: qui non è da 330 ml ma da 375 ml…chi sa dirmi perché?). per digerire, giretto per la periferia della capitale. poche fotografie oggi, ma la foto di questa stazione di servizio ve la devo per forza mostrare: questa è dedizione al lavoro! e dentro all’auto ce n’erano altri 2!
ora…se volete vi posso raccontare la mia visita di ieri alla national gallery of australia. non ve ne frega niente? l’arte non fa per voi? bene…sono sadico…
girando per la zona del parlamento (che è un bell’edificio che sarebbe piaciuto molto a De Chirico…tra l’altro ieri ho postato una sua foto da vicino…lo riconoscete?) mi sono imbattuto in quella che, nelle intenzioni, è la più grande pinacoteca australiana. sarà così?
prima sorpresa: è gratis. strano, in un paese dove si paga tutto (magari poco, ma tutto). evidentemente la cultura è fortemente sentita e, stupidamente, penseranno che facilitandone la fruibilità si possa migliorare la qualità dei componenti della società. che sciocchi. in ogni caso il primo pensiero è che sia una pippa. entro.
grande hall. tutti i classici servizi ed attività che normalmente si trovano all’ingresso, con la solita cortesia. iniziando il percorso di visita ci si trova subito ad un bivio: tutta l’arte aborigena da una parte, tutto il resto dall’altra. ovviamente vado verso la prima.
primo pensiero: la scelta di dividere ciò che di artistico ha prodotto la comunità autoctona già denuncia una certa volontà di ghettizzazione. anche perché non si parla di opere di 300 o 400 anni fa, ma di dipinti e sculture che al massimo hanno 50 anni (con qualche rarissima eccezione). ho subito pensato alla legge statunitense sulle quote nere nei vari ambienti di lavoro (cinema compreso), o le quote rosa da noi. se una persona o un’opera sono meritevoli, ebbene, lo sono a prescindere. solo perché sei un aborigeno non dovresti poter esporre una cagata immonda. allo stesso tempo, se sei un aborigeno, dovresti poter competere con qualsiasi wasp del cazzo. ma forse sono soltanto scelte di percorsi espositivi.
passo sopra al mio gusto per la polemica e mi godo le opere. nelle sale dedicate all’arte “originale” vedo delle tele bellebellebelle: capisco che artisti come Capogrossi, Accardi, griffa, licata, solo per rimanere in italia, non hanno poi inventato molto. è un modo di fare arte che ti rilassa: essenzialmente forme geometriche e colori della terra, molto sfumati e tenui. anche quando i colori si fanno più forti, il senso di quiete non ti abbandona.
dopo le sale dell’arte tradizionale, passo nelle sale degli artisti aborigeni, per così dire, “contemporanei” (anche se molti di quelli esposti nelle sale precedenti sono ancora in vita o sono morti da poco) e in quelle dell’arte pre-aborigeni. grandi contaminazioni. molto di già visto. qualche cosa interessante però c’è.
dopo circa un’ora e mezza finisco la parte di museo dei e sui nativi e passo al “resto del mondo”. le opere vanno dagli impressionisti in avanti. poca roba di più “vecchio”.
ci sono dei Monet (tra cui uno dei suoi covoni), un Sysley, dei cezanne, e poi dei Albers, Hartung, il più bel Mirò che abbia mai visto, Picasso, un sacco di warhol, un Magritte (uno dei suoi “amanti”), un Pollock da 15 mq con cui ci si potrebbe risanare il bilancio di catania o torino, Lichtenstein, ecc., ecc. l’italia è rappresentata, tra gli altri, da un De Chirico (non particolarmente interessante), da un Modigliani e, stranamente, anche da un salvo e un clemente…onestamente, si può fare meglio. anche se il salvo è uno dei “salvo è vivo” (che non è nient’altro che una lastra di pietra da loculo su cui è scritto semplicemente il titolo dell’opera).
altra oretta trascorsa. dopo di chè, passando nelle sale dell’arte “asiatica” che vuole, in qualche centinaio di metri quadri, dare una infarinatura su tutto quello che va dal giappone all’india, e in quella dove vedo una bella esposizione di arte proveniente dalle isole salomone, arrivo dai pittori australiani.
considerazione…vista la loro giovane età, considerano australiani anche quelli che sono nati da un’altra parte, principalmente in Inghilterra, e che si sono stabiliti qui. la curiosità maggiore è che, sull’informativa del quadro, viene anche indicato lo stato australiano in cui sono nati o vivono (victoria, nuovo galles del sud, territori del nord, ecc.) e non soltanto “australia”. di nuovo è presente una suddivisione tra: periodo coloniale, pittori oriundi e pittori veraci.
del periodo coloniale, di interessante, c’è soltanto l’aspetto storico. di artistico niente. tra le altre opere più recenti ci sono delle cose veramente belle e altre che potrebbero essere utilizzate come combustibile.
finisco la mia visita passando in una sorta di istallazione aborigena formata da tanti tronchi cavi riccamente decorati piantati verticalmente e formanti una sorta di boschetto zen (hanno anche un nome sti robi ma, al momento, non lo so).
sono soddisfatto. ho imparato delle altre cose. bene.
nel rientrare nella parte nord della città, ripasso lungo la sponda sud del fiume-lago dove sono esposti tanti totem su cui cappeggiano le foto dell’”australiano dell’anno” dal 1960. posto la foto di una faccia conosciuta.
ah, già. vi chiederete del tappino? stamattina, nel recuperare la Bianchi, ho notato con raccapriccio che sul cerchione posteriore, sopra la valvola, mancava il tappino! mi hanno rubato il tappino! vedete…qui si può lasciare la bici in strada, anche senza legarla a volte, e la ritrovi la mattina dopo (mi sto toccando la sacca scrotale), ma ti rubano i tappini. nelle banche si entra passando da delle porte scorrevoli. ma ti rubano i tappini. le gioiellerie hanno nella vetrina, stile negozio di abbigliamento, gioielli da 5.000 $ e vi si entra da una porta sempre aperta. ma ti rubano i tappini. la notte puoi girare dappertutto. ma ti rubano i tappini. che paese di merda.
la ciambella, ovvero il buco postato da toscalamosca [08/03/2011 02:58]
la mattina quando ti svegli, generalmente sai cosa dovrai fare: lavorare, riposarti, baciare chi ti sta di fianco, fare il turista, e così via. per fortuna non sempre devi correre dietro ad una gazzella o, soprattutto, scappare da un leone (che tanto, se è maschio, lo distanzi facilmente).
questa mattina mi sono svegliato sapendo che volevo andare a melbourne.
unico imput.
il come…irrilevante.
oggi ho imparato qualcosa. non è detto che se tu sei nella capitale di una nazione (continente?) tu possa uscirne come meglio ti aggrada.
una foto vale più di mille parole (ma non ditelo a joyce, tolstoj o eco).
questa è la stazione centrale ferroviaria di canberra.
quindi, se pensi di trovarci i treni per ognidooove e ad ogni ora…beh, ce l’hai nel culo.
ma facciamo un passo indietro. prima di andare a infoiarmi nella stazione dei playmobil, stamattina sono ritornato al terminal dei greyhound, dove ero arrivato da sydney. volevo comprare un biglietto per la corsa verso melbourne.
ora, direi che ci può stare che, se vuoi comprare un biglietto per l’unico pullman della giornata che va a melbourne, poco meno di 5 ore prima della partenza, ti senta rispondere “sorry. complete”. ce ne sarebbe uno che viaggia tutta la notte, ma non mi va.
ma sono le 9,30 e so che c’è un treno alle 12,40 che parte dalla stazione centrale di canberra. bene. torno all’ostello, faccio colazione e check out e mi incammino verso la zona del parlamento, dove si trova la stazione.
canberra è fondamentalmente piatta (a parte le colline circostanti), quindi riesco a pedalare tirandomi dietro la borsa-trolley. da un certo punto di vista, mi va anche bene: posso vedere una parte nuova della città, girandola in un giorno feriale. non è che si sia riempita rispetto al fine settimana. se volete avere un paragone, pensate a corso vittorio angolo corso re umberto…nel 1920…corsi talmente larghi da essere pleonastici (mihiiii, come godo quando parlo forbito). dopo circa un’ora arrivo alla stazione. ovviamente non ci volevo credere. eppure è proprio questa specie di container…che ti dà pure il benvenuto. penso ad uno sbaglio. è certamente una stazione urbana. invece no. ci sono gli orari per le città vicine (che qui, può voler dire a 200 km) e c’è anche melbourne.
vado a chiedere. si parte proprio da lì. ma non con il treno, bensì con un pullman che ti porta ad una stazione (vera, aggiungerei). ma è già partito. ma, dico io (mi vengono bene i ma in inglese), non doveva partire alle 12,40? sì, mi sento rispondere, ma il treno non il pullman. ah. mi sento di provare una nota polemica dicendo: ” but this is canberra, the capital of australia, or a minator’s village?”. lo sportellista capisce lo stesso e mi dice: “this is the island of canberra”. che culo, dico in italiano.
quando vuoi fare una ciambella, ma inforni una pizza, non puoi pretendere che ti salti fuori con il buco. io, questa mattina, ho infornato delle lasagne.
quindi sono uscito dal container dirigendomi verso la città nord, dove si trova l’ostello e la stazione dei greyhound. mi sono detto, per prendere il giorno dopo un treno che in economica costa 75 $ e che ti fa tornare verso sydney (non esiste la ferrovia canberra-melbourne, esiste solo la sydney-melbourne) e che impiega più dei pullmoni rossi, allora tanto vale tornare al terminal dei greyhound, prendere il biglietto per la corsa di domani (che costa 50 $) e andare di nuovo in ostello a dormire (a 5 minuti).
me la prendo con comodo e arrivo al terminal dei bus alla mezza. vado alla biglietteria e chiedo un biglietto per la prima corsa disponibile per melbourne. mi sento dire: “quella delle 14 di oggi o quella delle sera?”. io allora guardo la ragazzina, che tiene sempre d’occhio il suo iphone su cui, in 5 minuti, sono arrivati 3 sms e gli dico che 3 ore prima mi aveva detto che la corsa delle 14 era tutta piena. lei mi risponde, molto scazzata, qualcosa che non capisco (anche qui in australia, quindi, esistono gli imboscati scortesi). gli chiedo se per favore me lo scrive. lei lo fa. mi scrive: “to have retract”. rispondo “ah”. compro il biglietto e prima di andare nella sala d’aspetto, gli dico in italiano, guardando il suo iphone, “tanto soffre di eiaculazione precoce. bye”.
aspetto un’oretta. questa volta mi fanno smontare le ruote della bici perché il bagagliaio è già pieno.
in questo momento sto scrivendo sul pullmone, mentre il paesaggio passa da prateria brulla a boscaglia variamente fitta, a volte con morfologia ondulata a volte in pianure su cui non si intravede opera umana (e il bello, quando arriva il buio, e sul pullmone trasmettono Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, è che non si vede una luce tutto attorno a te).
arrivo a melbourne dopo 9 ore e 10 minuti, dopo aver fatto 5 fermate (nelle città, ah ah, lungo il percorso) e una sosta di 40 minuti per rifocillarci in una stazione di servizio).
enjoy my chiappe!
il sorriso postato da toscalamosca [08/03/2011 12:19]
ci ho pensato molto ieri notte (stamattina presto): vado a letto o posto la mia cazzata quotidiana? all’ostello sono arrivato alle 00:36. perfetto per voi, ma io sentivo ancora il rollio del pullmone rosso che mi conciliava il sonno. alla fine ha prevalso Morfeo. e la cazzata l’ho postata stamattina dopo colazione.
quindi: giubilo per tutti voi (adesso ben in 4…mia sorella ha convinto anche il suo ragazzo che, per ringraziarla, la porterà a fare 15 giorni di campeggio sul gran sasso), oggi 2 post.
prima esplorazione di melbourne.
dopo la città utopica di canberra, si torna a volare nel cielo del reale.
mi ricorda un po’ Torino: ha i tram, il centro è come il quadrilatero, con un fiume che ne chiude idealmente uno dei lati e con la stazione dei treni (grandiosa) ad esso adiacente, tantissimi ristoranti e locali. ma ha i grattacieli, un tram gratis che gira tutto attorno al centro, un pullman gratis che tocca tutte le zone interessanti della città. ha un parco più grande del centro ad esso vicino, così come un altro più a nord, attiguo all’università, che è una vera e propria città, con tutte le facoltà, il centro sportivo, le piscine, la palestra. ha i marciapiedi larghi, le piste ciclabili, tutti i colori del mondo, gli elicotteri militari che, anche a tre per volta, da tutto il giorno, con e senza luce, fanno esercitazioni, ripetendo manovre di avvicinamento al tetto di un grattacielo. ha tanti pullman e file interminabili di tram. ha le auto che non parcheggiano in doppia fila, neanche “solo 5 minuti, che fastidio dà?”. ha i ciclisti con il casco (obbligatorio e che mettono anche con 40°C), le ragazze che fanno canottaggio, la gente che cammina scalza, i prati che si possono calpestare (tutti), le fermate dei tram a raso, ma non per questo qualcuno sente il diritto di metterci la propria auto.
e poi la gente sorride.
se guardi negli occhi una donna, lei ti sorride.
se guardi negli occhi un uomo, spesso, ti fa un cenno di saluto.
se hai dimenticato il casco per la bici in ostello, dopo un po’ ti si avvicina una ragazza carina con un cagnolino che ti dice che è meglio scendere dalla bici, e portarla a mano, perché è pericoloso e che se ti ferma la polizia ti fa la multa. e mentre te lo dice non ti punta l’indice addosso. ti sorride.
chissà quanti scheletri negli armadi hanno.
il dubbio postato da toscalamosca [09/03/2011 13:49]
un mio amico, il migliore chimico che conosca, forse perché è l’unico, data la sua formazione altamente scientifica, ha saputo informarmi dell’esistenza di un giornale italiano stampato proprio qui a melbourne. si chiama “il globo” e sono 50 anni che lo pubblicano. non proprio un giornaletto di quartiere, quindi.
la redazione di questo pezzo d’italia in australia si trova in nicholson st a qualche chilometro a nord del centro. a differenza di lygon st, la little italy commerciale della città, nicholson st è una via essenzialmente residenziale, fondamentalmente italiana, parallela alla più famosa brunswick st, la via degli hippy, alternativi e scoppiati.
partendo dal centro, e facendo le consuete zigzagature tra i parchi disseminati per la città, arrivo al “globo” nel primo pomeriggio. si trova al primo piano di una palazzina dignitosa. c’è anche un negozietto “italiano”, chiuso, che vende soprattutto musica, film e libri del bel paese.
alla reception c’è una bella ragazza dai lineamenti mediterranei che, ovviamente, parla italiano. sono sfortunato. in redazione non c’è quasi nessuno. mi dice di tornare. meglio la mattina. se il tempo continuerà ad essere uggioso, sicuramente lo farò.
ritorno in strada a riprendere la Bianchi. al suo fianco ci sono due ragazzi (beh…diciamo degli ex ragazzi) che la stanno studiando. già ieri ho notato che molti occhi si sono posati su di lei: in mezzo a decine di marchi statunitensi ed australiani, tra la comunità italiana non è passata inosservata. ci si presenta. entrambi sono italiani: franco è arrivato a melbourne da bambino ed è di madre australiana, leonardo è qui da 15 anni. solo leonardo parla italiano. franco, non più.
incominciamo a parlare. franco ha da fare e, dopo una mezz’ora, se ne va. leonardo mi porta in un caffè lì vicino dove continuiamo a chiacchierare.
mi ha raccontato la sua storia. l’ho trovata molto bella.
“mi sono laureato in filosofia nel 1990. a roma. ma sono di livorno. il mio professore voleva anche portarmi a letto e non soltanto darmi il bacio accademico. è rimasto entusiasta della mia tesi, il connubio della filosofia socratica con la politica. ma è rimasto il solo. così anche tu volevi fare filosofia?”
“sì. andai anche a recuperare i moduli per l’iscrizione. ma poi ho scelto geologia. all’epoca sembrava un campo che avrebbe fatto sfaceli.”
“hai fatto bene. tu il geologo lo hai fatto. io, il filosofo, mai…salvo quando commentavo le puntate di sentieri con mio nonno. una volta laureato, mi sono messo in graduatoria per fare il professore nei licei. non mi hanno mai chiamato. neanche per una supplenza. ho lavorato in una scuola privata, come sostituto di un professore di storia. per tre mesi. poi, più niente. con la mia ragazza di allora si voleva andare a convivere. lei lavorava come segretaria in un’azienda che produceva tendaggi, ma non la pagavano tanto. ho quindi iniziato a fare un po’ di tutto: dal cameriere, all’imbianchino, dal pony express, al lattoniere. siamo riusciti ad affittare un appartamento nella periferia di livorno. stavamo bene. tutto sommato, anche se cambiavo spesso lavoro, ci levavamo degli sfizi, viaggiando un po’ in giro per il mondo. dopo 5 anni di questa vita, però, mi sono stufato. volevo fare qualcosa che mi gratificasse un po’. dei cugini di mio padre avevano fatto fortuna, qui in australia, a sydney. prima li importavano soltanto, poi si sono messi a produrre macchinari per le aziende vinicole. cercavano qualcuno di fidato che si occupasse della vendita nella zona di melbourne e nello stato di victoria in generale. era una cosa che mi intrigava. ma la mia ragazza non voleva emigrare. ci ho pensato parecchio, poi gli ho detto che per me era un’occasione unica. non l’ha presa bene. si è rotto qualcosa. dopo qualche mese ci siamo lasciati. nel frattempo la possibilità di andarmene da livorno e venire qui si concretizzava sempre di più. qualche mese di preparativi vari e, alla fine, nel febbraio del 1996 sono arrivato a sydney. nei primi di marzo ho iniziato a lavorare. e non me ne sono più andato via.”
“beh, sei partito senza lasciare nessuno, a parte parenti e amici. da un punto di vista, ti è andata bene.”
“a dire la verità non è andata proprio così. mi è dispiaciuto lasciare mio padre e i miei amici d’infanzia ma, soprattutto, mi è dispiaciuto lasciare zenobia.”
“zenobia?”
“sì. il padre è un impallinato di storia romana. è stata la sua croce.”
“racconta”
“sono sempre stato uno sportivo. mi piace correre. lo faccio da quando avevo 15 anni. mi piaceva soprattutto andare verso populonia a correre tra le sue colline, visto che per un periodo ho lavorato da quelle parti. un giorno ho incontrato zenobia. anche lei correva. dopo la terza volta che ci si incontrava per caso, ci siamo messi a correre insieme. quasi completamente in silenzio. generalmente ci incontravamo un paio di volte alla settimana. all’inizio per combinazione. poi abbiamo cominciato a programmarci. in quel periodo io vivevo ancora con la mia ragazza. non ho mai pensato a tradirla. però, le volte che correvo con zen ritornavo sempre sereno. poche erano le parole che ci scambiavamo. si correva. nient’altro. non so se hai mai avuto quella sensazione…come spiegarla, socrate parlava di consapevolezza, di raggiungimento della pace interiore che sublima il corpo. la prima volta è stata dopo che correvamo da un mese circa. mi è sembrato che la Terra pulsasse allo stesso ritmo del mio cuore. che ci fossimo solo io e lei. che fossimo come un fiume che scorre lento. mi è capitato altre volte. sempre con lei. sempre mentre correvamo.”
“ma quando ti sei lasciato con la tua ragazza…non sei andato a cercarla?”
“ho esagerato. un giorno mi sono rotto i legamenti del ginocchio sinistro. ho ripreso a correre dopo 3 mesi. ogni volta che tornavo tra le nostre colline, la cercavo. ma non c’era mai.”
“non avevi il suo numero?”
“vuoi ridere? ci vedevamo quasi tutti i giorni, nessuno dei due stava mai male, i cellulari esistevano già, ma nessuno dei due lo aveva. non abbiamo mai pensato di scambiarci il numero di telefono.”
“quindi non l’hai più rivista?”
“sì. a una settimana dalla mia partenza. eravamo tutti e due in piazza grande. per caso, ci siamo visti. mi ha detto che dopo due mesi che correva da sola, ha deciso di andare a farlo da un’altra parte. non gli piacevano più le colline di populonia senza di me. per fartela breve…siamo stati qualche ora insieme, e poi ci siamo baciati. da lì è stato un inseguirsi a vicenda, visto che io ero ancora impegnato con i preparativi della partenza e lei, che all’epoca faceva la commessa in un negozio, aveva un capo particolarmente pedante. siamo riusciti a rivederci ancora qualche volta. poi sono partito.”
“…e poi? l’hai lasciata lì? non ho parole.”
“ci siamo sentiti tutti i giorni durante il primo anno. adesso ci mandiamo email di frequente. quando per le vacanze di natale torno in italia, ci troviamo sempre. lei si è sposata. con il marito gestisce una piccola azienda di catering. sta bene.”
“e tu?”
“sono contento del lavoro. girare lo stato di victoria è bello. l’australia è bella. ho comprato casa qui a melbourne, da 5 anni sto con una ragazza australiana…ma non siamo come un fiume.”
…
mi rendo conto di non essere abbastanza bravo con le parole….di non essere riuscito a scriverla come leonardo me l’ha raccontata. è una storia che mi sta facendo pensare. probabilmente non mi farà dormire molto.
cos’è veramente importante nella vita? a meno di essere bravo e fortunato ed averle entrambe…
un’opportunità, colta e concretizzata.
o pulsare insieme a qualcuno?
il membro postato da toscalamosca [10/03/2011 08:22]
sono soddisfazioni. quando ti capitano senti che, per un po’ di giorni, potresti anche non alzarti più dal letto. tanto hai già dato.
il tempo, qui, continua ad essere molto perturbato. sembra veramente di essere in una foresta pluviale e non in una delle città più importanti del mondo (che poi, io che ne so di com’è una foresta pluviale…sono stato solo nei boschi di Lanzo). sostanzialmente cielo sempre plumbeo, però, sembra ci sia qualcuno che apra i rubinetti della pioggia a suo piacimento. con le stesse movenze di quando, da piccolo, chiudevi ed aprivi la porta a vetro sul muso del tuo gatto. bei tempi.
quindi piove. a tratti sì. a tratti no. a tratti bestemmi in pakistano. ma tanto non ho l’ombrello. esattamente come il 90% degli australiani, manager o barboni che, evidentemente, non hanno mai avuto una madre che gli diceva “piove. prendi l’ombrello che ti bagni. che poi prendi il raffreddore. e poi rimani a casa da scuola. e hai già fatto tante assenze. non puoi continuare a stare a casa. se ti viene la bronchite? poi ti viene la tosse. e devi prendere lo sciroppo. lo vuoi lo sciroppo? prendi lo sciroppo…vieni qui, prendi lo sciroppo!” e così via. qui la gente si bagna. e non cerca neanche di scansare le goccioline facendo lo slalom. le prendono tutte. anzi. litigano se qualcuno acchiappa quella dell’altro. ma divago.
il tempo è una merda. ci sono un sacco di cose da fare in questa città. secondo me, più che a sydney. ma sono gusti. ma, se piove, è fastidioso rimanere con le mutande bagnate tutta la giornata. senza parlare delle colonie di batteri che, poi, ti proliferano sullo scroto, facendo come george “no amoxicillina? no party!”.
e non posso neanche andare sempre nei musei. che tanto, qui, sono quasi tutti gratis. anche perché, la prima volta che sono andato alla national gallery of victoria, mi è venuto un coccolone per sti pazzi australiani: si sono riempiti le sale di impressionisti, post-impressionisti, cubisti, astrattisti, surrealisti (e anche qualche scatologista…ma non tutti sono perfetti) facendo acquisizioni principalmente negli ultimi 40 anni impiegando, quindi, l’equivalente del prodotto interno lordo di qualche anno dell’intera nazione. ma cosa non si fa per la cultura, vero? chi meglio di noi può capire questi cari ex-galeotti. dicevo che non posso chiudermi sempre in questi luoghi del sapere, altrimenti mi intristisco troppo. per loro.
non ci sono molte alternative, quindi. o si continua ad andare verso ovest, ma sembra che lì, il tempo, al momento sia ancora peggio, oppure si aspetta, sperando che allo stronzo con il rubinetto non si strappi un legamento.
ho deciso di aspettare. come il giaguaro al di fuori della tana del facocero. che tanto ha anche un’altra entrata e, il giaguaro, rimane lì ad aspettare per 36 giorni e poi si accorge che gli hanno messo i ceppi al motorino. coerente. ma pirla.
per questo ho deciso di prolungare la mia permanenza qui a melbourne. nel pomeriggio sono quindi andato alla reception dell’ostello per allungare il soggiorno.
sono arrivato contemporaneamente ad un gruppo di ragazzi giapponesi. volevano una stanza da 4 per stare insieme. a parte la mia, tutte le altre erano piene e allungando il mio soggiorno avrei vanificato i loro piani. quindi…che cosa potevo fare? questi poveri ragazzi, tra l’altro stanchi per un estenuante viaggio, magari sullo stesso pullmone rosso senza aria condizionata da me utilizzato per il viaggio sydney-canberra, speravano di non dividersi. allora io…tiro fuori la mia card yha e dico: “sorry. but i’m membro. e voi non siete un cazzo”.
ne hanno sistemati due nell’ostello yha vicino all’università, uno in quello più in periferia (ma attaccato ad uno splendido parco) e l’ultimo in una stanza vicino alla mia.
che imparino a stare un po’ da soli. sti giapu del cazzo.
la scelta postato da toscalamosca [11/03/2011 12:08]
cambio di programma. uno dei tanti. occhio! contenuti seri.
giornata che inizia come tutte le altre. tempo di merda. poi in meno di mezz’ora si rasserena e, per la prima volta da quando sono qui a melbourne, il giocherellone con il rubinetto non può prodigarsi con il suo passatempo preferito, lo sgamerebbero immediatamente. e stasera…cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me.
niente musei. niente redazioni. niente giro per il centro. niente tour per la great ocean road, perchè 450 km in un giorno non ce le ho nelle gambe e, sul treno verso apollo bay, non mi fanno portare la bici. ci vado in torpedone domani.
quindi prendo la Bianchi e vado in spiaggia. anzi su uno dei moli della spiaggia di melbourne, visto che la spiaggia è troppo affollata: 1 persona ogni 500 mq.
è sorprendente quello che si può fare qui. quanti sono gli angoli di città dove ti puoi sedere e non vedere la città, ma un bosco, un prato, il mare. e restarci, per accorgerti che sono già passate 2 ore da quando ti è passato accanto qualcuno.
puoi leggere, studiare, far finta di fare l’atleta, e non sentire nient’altro che il mare. bello.
ma troppa beatitudine non può andare avanti oltremodo. già sono un asceta, e per il momento vorrei evitare di subliminale. troppa carne ha ancora voglia di crogiolarsi tra bassi istinti. si torna alla city, allora.
vado a fare la merenda sinoira dal mio solito curry point in bourke st.
poi. tornando verso l’ostello, passo davanti, per l’ennesima volta, al museo dell’immigrazione di melbourne.
il richiamo è forte. ci entro. e finalmente elargisco un po’ di soldi al sistema culturale di questo grande paese: 8 $.
emozionarsi davanti ad una grande opera d’arte, direi che è normale.
in questo museo sono racchiuse le emozioni dei 9 milioni di Persone che, negli ultimi 150 anni, sono venute a vivere in australia.
un susseguirsi di foto, filmati, oggetti, libri, documenti, frasi e un diorama eccezionale.
è sempre bello poter scegliere.
qui sono racchiuse le vite di Persone che non hanno potuto scegliere, se non in quale città dell’australia arrivare. sono arrivate da tutto il mondo. tante dall’italia. e non lo dico perché non mi sia fermato davanti alla storia di cileni, ucraini, inglesi, cinesi, indiani, somali, vietnamiti e di tanti altri, ma perché su un pannello che rievocava una vita, ho conosciuto Edda.
quando mi capita, mi meraviglio sempre. sono felice di non aver preso la strada accanto, e di essere, invece, arrivato lì. mi accorgo di essere in un posto giusto. a volte anche in un momento giusto. pensi anche ad una coincidenza, ma le coincidenze non esistono…siamo solo marionette mosse dalla nostra incoscienza, qualcuno diceva.
succede che leggo, guardo, sento, percepisco qualcosa…e scopro una Verità. che forse ho sempre saputo. ma ne divento consapevole. e allora mi inchiodo al pavimento, che diventa l’unico elemento della realtà che percepisco ancora.
può essere a causa di una fotografia, di un film, di un panorama, di una canzone o di una composizione, di una poesia o di un passo di un libro.
più spesso, è a causa di una semplice frase.
Edda, nel 1955, insieme al marito, emigrò a melbourne da pontebba.
sembra che ce l’abbia fatta, e che non sia più tornata in italia.
Edda diceva una cosa. e mentre leggevo quelle semplici 8 parole, una per ogni dollaro speso per entrare in questo splendido museo, mi ha assalito la consapevolezza che per me, la cosa più importante nella mia sciocca vita,
siete Voi.
if you are happy, life isn’t hard
l’insostenibile pesantezza dell’inutilità postato da toscalamosca [12/03/2011 15:15]
questo è il sedere del secondo animale più inutile al mondo
e questo è quello del primo
per me è inquietante pensare che la Natura abbia partorito simili amenità. secondo me è successo dopo che si era fumata delle anfe veramente toste….
oppure no, potrebbe essere andata così…
“maremma maiala…mi sono caduti troppi semi di bambù. naturino! vai a raccoglierli!”
“ma mamma! ho appena finito di fracassarmi gli zebedei con i semi di jinko biloba che hai fatto cadere 2 secoli fa! adesso vacci tu!”
“gioventù scansafatiche! uf…mi tocca fare un animale inutile per limitare i danni. naturino! come chiamiamo il nuovo animale…è inutile…quindi…?”
“che palle, mamma! che so…dagli il nome di un cesso di macchina…che ne dici di panda?”
“e panda sia”
passa del tempo…e la storia, come al solito, si ripete.
“maremma maialosa! mi sono caduti troppi semi di eucalipto. naturino! vai a raccoglierli!”
“ma che fracassa marroni! non puoi fare un altro animale inutile come il dodo?”
“no come il dodo, no. mi è venuto un cesso. per fortuna che arriveranno gli olandesi ad estinguerli. comunque…aspetta che mi venga a chiedere l’ipod per natale! mi tocca inventare un altro animale inutile. naturino! che nome diamo al nuovo animale?”
“e che ne so! usa una lettera poco impiegata…la k per esempio”
“e sia. si chiamerà…koala. e sarà un po’ meno inutile del panda…visto che almeno questo lo farò con più voglia di trombare e non come quel ciccione di plantigrado che bisogna fargli vedere i film porno con le gazzelle per farli accoppiare!”
e koala, fu!
…
oggi tour lungo la grande strada dell’oceano, che in italiano suona parecchio male.
quando esci dalle città, l’australia è impressionante. dopo poco più di mezz’ora di auto dal centro sei già in mezzo a distese sterminate di prati e alberi, con vacche e pecore che sembrano poche, soltanto perché sono sparpagliate su milioni di chilometri quadri.
e poi arrivi al mare.
e sì, l’odore del mare, alla fine, è solo alghe marce ma qui, sembra diverso. saranno le spiagge, le scogliere, le baie, le dune, l’assenza di ombrelloni, gli scogli o il fatto che se ti guardi attorno ti senti piccolo piccolo.
l’australia è questa.
il cambiamento postato da toscalamosca [15/03/2011 09:35]
in australia, i netturbini lavorano di notte, o all’alba. non come da noi che ti trovi il camion della nettezza urbana alle 8,30 del mattino in via colombo, o in qualsiasi altro senso unico di Torino. e allora non puoi far altro che augurarti che il prossimo lavavetri ti venda anche un bazooka.
questa ottima gestione della raccolta dei rifiuti urbani ha però degli inconvenienti che, moltiplicando i seguenti fattori:
- pub sotto l’ostello,
- bidoni per la raccolta del vetro,
- molti bidoni per la raccolta del vetro,
- impossibilità per gli australiani di bere in molti posti pubblici,
- molti australiani nel posto pubblico dove si può bere,
- la mia tendenza ad andare a letto molto tardi,
- la mia stanza al primo piano,
- la mia stanza sprovvista di doppi vetri,
- la mia stanza sopra il retro del pub,
danno il seguente risultato:
una sacca scrotale mattutina grossa come la zucca di Linus!
è difficile portarsela in bicicletta. ti fa pedalare male. e poi, molti bambini mi fermano e si rivolgono a lei come se fosse “the great pumpkin”, e gli chiedono un dono…
[per i non conoscitori della comic strip più grande di tutti i tempi, dove puoi trovarci l’infinito, dirò che nella seconda metà degli anni sessanta, il profeta Oreste del Buono, il primo traduttore della rivista Linus che pubblicava, appunto, i Peanuts, decise che tradurre “the great pumpkin”, la divinità adorata dal piccolo grande Linus, come “la grande zucca”, non suonava bene…optò quindi per “il grande cocomero”…ed è sempre rimasto così]
sempre alla ricerca di nuove esperienze, ho deciso che era ora di cambiare. vi ho parlato della catena di ostelli yha, che è probabilmente la più famosa. ma non è l’unica.
oggi, quindi, sono passato da questa accommodation, yha melbourne centre
a questa, nomads all nation
google map dice che sono 74 m…li ho contati..sono 52. ma forse includeva anche i gradini per raggiungere la mia nuova stanza.
se puoi vincere in due mosse, perché complicarsi la vita.
la coscienza postato da toscalamosca [16/03/2011 10:35]
“vado al mare”
“no. non puoi. devi studiare”
“fottiti”
questo è stato lo scarno dialogo che, questa mattina, ho avuto con la mia coscienza.
probabilmente lucignolo ha fatto più fatica.
per darle un contentino, mi sono portato dietro un libro per studiare…ma ho sbagliato a prenderlo dal trolley e, al posto di “speak english now”, ho preso “come regolare il cambio della tua mtb in 99 lezioni”. interessante, solo un po’ superficiale.
perché, direte voi, questo improvviso cambio di programma? tra l’altro messo in atto da un geologo che ha sempre pianificato esattamente tutti i giorni da quando è nella patria dei cazzo di canguri? semplice. per oggi le previsioni dicevano “acquazzoni”. invece…c’è il sole. ergo. non si può studiare. si deve andare al mare. o in campagna. o al lago. o in montagna. per studiare, ci sarà tempo quando dovrò farmi curare la prostata.
il mio solito pontile mi ha accolto come un vecchio amico e, visto che a qualcuno di voi potrebbe anche interessare, ho deciso di provare a fare delle foto ai cazzo di pinguini nani (o little). sti cosi insulsi, così come il rakali, una specie di pantegana che, essendo rara, viene protetta, invece di essere avvelenata con l’acido muriatico, vivono tra gli scogli artificiali prospicienti st kilda. purtroppo, come anche le altre volte, nessuno di questi esseri ha voluto uscire dalle proprie tane…che sentissero un certo astio? qualche cazzo di pinguino nano l’ho visto: si stavano lisciavano le penne dentro ai loro buchi. devo dire che fanno abbastanza schifo. però…non è bello ciò che è bello, ma fa schifo quel che fa schifo…diceva qualcuno. e aveva perfettamente ragione. la pantegana non si è vista. per fortuna. vederla, mi interessa come assistere ad un convegno di forza italia. beh…magari non così poco.
per fortuna, a risollevarmi lo spirito, ci ha pensato una coppietta romana fresca fresca di matrimonio in viaggio di nozze per 20 giorni in australia. arrivati ieri, lei mi ha raccontato che lui, questa mattina, si è visto una partita di calcio della serie b brasiliana. lungi da me dal pensare male ma…ce ne sarebbe, non trovate? anche se lui avrebbe potuto dire “ho mal di testa”, “mal di pancia”, “no, guarda, ho avuto una giornataccia”, “male alle caviglie“, “male al coccige“, “no, guarda, oggi alle poste c’era uno cha doveva spedire 47 raccomandate a gibilterra”, “male dietro alla terza costola”, “male al deltoide sinistro”, “no, guarda, ho le lune di saturno negli occhi”, “male alla pianta dei piedi”, “male alla cistifellea“, “no, guarda, mi hai fatto irritare”, “male alle unghie“, “male all’ipofisi“, “no, guarda, oggi no, magari dopodomani”, “ieri ti avevo detto che oggi si poteva? no, guarda, intendevo domani…ma solo se non piove”…quindi, chi sono io per giudicare. abbiamo chiacchierato per un’oretta e, forte della mia esperienza, ho potuto fare la guida turistica. anche loro hanno scelto una vacanza un po’ più interessante della media, si spostano in macchina. coraggiosi…visto che qui non hanno ancora capito che occorre tenere la destra.
ritornato in città, sono andato prima alla biglietteria greyhound per prenotare il biglietto per adelaide per il prossimo lunedì, ma oggi chiudeva già alle 15; poi sono andato agli uffici della etihad, una compagnia aerea, per verificare se, il volo che mi riporterà nel paese del nano malefico, indicatomi dal mio amico che scrive bugiardini, è effettivamente il più conveniente. di solito ci sono sempre un paio di posti sopra ognuna delle ruote del carrello…ma oggi era il terzo mercoledì del primo vespro successivo al quinto mese del sedicesimo anno di anniversario dell’apertura di qualche centro commerciale, e gli uffici erano chiusi. vorrà dire che comprerò un biglietto, più economico, della compagnia di bandiere cinese…sembra che abbiano degli aerei che vanno ad elastico.
si torna nel nuovo ostello e ci si appropria di un letto a piano terra lasciato vacante…hanno i materassi migliori…ma sì, vi faccio vedere com’è la stanza.
e poi…
prendete del formaggio stagionato corso e lasciatelo macerare in una busta di plastica all’interno del vostro frigorifero per almeno un mese. quando, aprendo lo sportello, vi rianimerete dopo 5 ore, il pacchetto sarà pronto. dopodiché, con le dovute precauzioni, estraete il formaggio e inseritelo all’interno di un paio di calzini che avete avuto l’occorrenza di indossare per 2 settimane e conservato per un’altra in un sacco nero della spazzatura. sbattete tutto con cura e lasciate al sole per altri 3 giorni…
mi stavo rasando la folta chioma, quando le mie narici, improvvisamente, hanno subito una contrazione che neanche l’utero di una balenottera azzurra prova. anche il rasoio che stavo usando si è spento. mi sono voltato verso il lavandino di fianco al mio: una graziosa ragazza aveva estratto un paio di calze da una busta e li stava lavando. e senza dotazioni di sicurezza! per fortuna mi porto sempre dietro un barattolino di balsamo di tigre…sapete, quella cera per mobili alla canfora che in cina usano anche per curare la pace nel mondo. ho usato lo spazzolino come spatola e mi sono tappato il naso…dovrò solo ricordarmi, prima di lavarmi i denti, se non vorrò essere scambiato per un cane rabbioso, di sciacquarlo. la graziosa ragazza ha fregato i suoi calzini con della polvere da bucato per qualche decina di secondi. poi se ne è andata. ovviamente salutandomi.
io, guardandomi allo specchio, mi sono detto “non è bello ciò che è bello, ma fa schifo quel che fa schifo”.
la repubblica postato da toscalamosca [17/03/2011 08:03]
noi fummo da secoli
calpesti, derisi,
perché non siam popolo,
perché siam divisi
raccolgaci un’unica bandiera,
una speme…
un ragazzo di 20 anni, più di 160 anni fa, scrisse, tra gli altri, anche questi versi. 2 anni più tardi, morì a causa di una grave ferita ricevuta in battaglia. era un idealista, un mazziniano convinto, uno che voleva togliere dalle palle dei futuri italiani gli austriaci. non vide mai la nascita dell’Italia.
molto spesso mi chiedo perchè un uomo deve smettere di credere nei propri ideali, e iniziare a lasciarsi trasportare dal mondo che lo circonda. a vivere come la società pretende.
sembra che si nasca con 2 date di scadenza: quella per gli ideali e quella per la vita.
quando si è molto giovani, come Goffredo, si scrive solo con la pancia. la testa…beh, quella si usa solo per la metrica. spesso si storce il naso, quando si legge, o si sente qualcosa, che si marchia come stucchevole. però è tutta roba onesta che, mentre viene scritta, è sentita veramente. e Goffredo ci credeva. talmente tanto, da morire a 22 anni.
io, a 22 anni, studiavo la tettonica a zolle e guardavo la tv 3 ore al giorno, con la mamma che mi preparava la merenda.
ogni persona nel mondo, dotata di obiettività e raziocinio, da alcuni anni l’italia è tornata a deriderla. anche qui in australia. perché? non centrano le correnti politiche che si identificano come le svolte stradali. le buone idee possono arrivare dall’operaio leninista come dall’imprenditore fascista. centrano soltanto gli uomini. in qualsiasi altro paese del mondo democratico, la metà dei nostri parlamentari, non potrebbe neanche entrare negli uffici pubblici. invece viene eletta. da uomini che, così facendo, pensano di ottenere qualche vantaggio personale.
qui in australia ci si lamenta delle tasse, della sanità, della nuova ondata di immigrazione indiana o cinese, esattamente come in tutto il resto del mondo.
però, quando suona l’inno nazionale, la gente si alza e si stringe uno all’altro. sa che, se vuole vivere in un paese che funziona, ci si può insultare soltanto durante una partita di calcio. e sa anche che, se viene pagato per lavorare, e non fa il suo dovere, il primo rischio non è quello di essere licenziato, è quello di creare un danno al proprio paese.
chissà cosa abbiamo che non va?
oggi ho letto che, in italia, qualche uomo inutile ha abbandonato il posto dove si stava suonando l’inno nazionale.
ho anche letto che, per un solo voto di scarto alla camera, si andrà a votare due volte nel giro di qualche mese. si spenderanno altri soldi. per niente. ma in democrazia, l’errore non è pensare di chiedere un altro parere agli italiani, è quello di non volere che si possa decidere tutto lo stesso giorno.
molti stupidi e soprattutto ignoranti in una materia difficile, hanno dichiarato che, sul nucleare, non si deve decidere dopo eventi tragici, come quelli che si stanno vivendo in questi giorni. che non bisogna commettere lo stesso errore che venne fatto con il referendum indetto dopo cernobyl.
Carlo Rubbia ha detto “non esiste un nucleare sicuro o a bassa produzione di scorie. esiste un calcolo delle probabilità, per cui ogni cento anni un incidente nucleare è possibile: e questo, evidentemente, aumenta con il numero delle centrali.”
secondo voi, ha più senso dare retta ad un premio nobel per la fisica, o a un palazzinaro?
Jovanotti dice che viviamo in “un mondo vecchio che sta insieme solo grazie a quelli che hanno ancora il coraggio di innamorarsi”. secondo me, al momento, l’italia è proprio così.
qualche sparuto gruppo di mazziniani continua a credere veramente che l’Italia meriti di essere aiutata. sono tutte quelle persone che ancora mettono passione in quello che fanno. sono innamorati del paese in cui vivono. non potranno che essere innamorati anche del loro compagno.
in lygon st, qui a melbourne, ho trovato un totem con un pensiero di Calvino, “arrivando a ogni nuova città, il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d’avere”.
io ho ritrovato la voglia di innamorarmi.
il compito postato da toscalamosca [20/03/2011 10:11]
visto il tedio domenicale imperante, ho deciso di soddisfare il desiderio, per troppi anni sopito e soffocato, del mio amico farmacopedista o podologo, non so esattamente come si scrive, che desidera conoscere l’evoluzione antropologica dell’auto oceanica. la prima cosa da dire, è quella di rammentare che il fumo fa male. me l’ha ricordato questa mattina il ragazzo che ho immortalato nella foto (ah, notare lo sguardo della signora in secondo piano…). per contro, se la sigarettina che tiene in mano, non fosse del semplice tabacco, mi sentirei di dire che, magari, domani andrò a cercarlo.
dopo questo spot informativo sugli effetti del tabagismo, posso partire con lo studio preliminare sulla capacità trasportistica gommata privata in australia, anche secondariamente indicata come: “che cazzo di macchina ha l’australiano medio?”.
senza ombra di dubbio questa è la tipica berlina, qui in versione “cerchi in lega”.
numerosi sono gli esemplari non facilmente classificabili, un po’ come l’ornitorinco che solo dopo 350 anni di infuocati dibattiti si è deciso di inserire nell’elenco degli animali da sopprimere, insieme a panda, koala e piccioni. questa in particolare è stata presa in prestito dai “ghostbusters”.
ho scoperto che la opel qui si chiama holden (d’accordo omaggiare Salinger, però forse per una marca di automobili è un nome un po’ sproporzionato) e che la corsa, visto che in patuà locale significa “lo scarnificatore di koala” e gli animalisti hanno protestato, si chiama barina, che invece significa “colui il quale smembra i cazzo di canguri”, che qui, invece, sono molto rispettati (gli scarnificatori, non i canguri).
questi sono dei pantaloncini. per tenere desta l’attenzione dell’uomo medio, generalmente non superiore ai 145 secondi.
abbastanza diffusa, a differenza della fiat duna, è la toyota seca…viene prodotta in due versioni, per l’uomo che non deve chiedere mai, e per la donna che trova soltanto uomini tonti.
queste sono delle scarpe. per tenere desta l’attenzione delle donne.
l’australiano, memore della sua flessibilità e adattabilità in qualsivoglia habitat, vuole essere sempre pronto a traslocare. si riconoscono per le scatole sul tetto.
luca mercalli, il metereologo di fazio, è molto famoso. la mitsubishi gli ha dedicato un’auto, la “nimbus”. ovviamente con la capacità volumetrica di mammolo.
effettivamente non ce ne sono tante, ma le suzuki baleno mi ricordano molto lo spot degli anni 80 di un prodotto per la pulizia della casa. non c’entra un cazzo, però mi sembrava interessante ricordarlo.
questi sono dei vestiti. per tenere desta l’attenzione della donna che ha visto delle scarpe da abbinarci.
è venuta sfocata, perché è un cesso di macchina. è la daihatzu cuore. venne commercializzata anche da noi in 7 esemplari, di cui 5 rimasero invenduti, 1 venne colpito da un fulmine mentre veniva scaricata dalla bisarca, e l’ultimo viene ancora usato come latrina in un campeggio di scopello.
curiosi sono questi cosi, di cui, tra l’altro, sono anche riuscito a rinvenire il progenitore. si potrebbero definire pick-up di big jim. credevo che il cassone fosse utilizzato come caricatore per il cd invece, un ragazzo, mi ha detto che sono comodi quando si mette sotto un cazzo di canguro. si carica la carcassa e si porta direttamente al pic-nic.
purtroppo, un flagello che tormenta tutta l’italia, ventotene compresa, e tutto il mondo industrializzato, ha infettato, con le sue putrescenti estremità, anche questo continente non abbastanza isolato: è il virus che genera i tamarri. spesso si vedono questi tubi con attaccata un’automobile. l’auto può essere anche l’utilitaria dello zio del cognato di cipputi, ma il rumore che produce è pari ad un motore a reazione in fase di riscaldamento. il vantaggio è che, anche un mezzo sordo come me, li sente arrivare e riesce a mettersi la mascherina antivirale in tempo.
non credevo che la ford fosse così affezionata ai nomi con cui battezza le proprie auto. che caratteristica hanno tutte queste, per altro orribili, auto?
sono tutte falcon.
mi sovviene in mente un possibile dialogo tra gli ingegneri della ford: “ehi giovanni. ma i disegni originali della falcon dove sono?”, “quali delle 2354 versioni?”, “quelli del 1987”, ”quali dei 232 modelli di quell’anno?”, ”la famigliare”, ”quale delle 58 famigliari?”, ”du coglioni! sa, dammi i disegni della torino. mi sono rotto le palle.”
e per terminare, qui sotto dovrebbe esserci la foto di un uomo bello. per ricordare che l’automobile è sempre soltanto un optional.
purtroppo, oggi, li avevano finiti.
l’avvicinamento postato da toscalamosca [21/03/2011 01:38]
dicono che partire sia un po’ come morire.
secondo voi, cosa sto tenendo nella mano destra in questo momento?
sono stato tanto a melbourne. più di quanto sarei dovuto stare. ho calcolato male i giorni.
non ci si annoia qui. esattamente com’è impossibile annoiarsi a torino.
però, lo ammetto. qui in australia sono venuto per una cosa sola.
niente città. niente mare. niente scogliere. niente musei. niente inglese. niente cazzo di canguri o altri animali inutili.
è da quando avevo 10 anni che la voglio fare. da quando su un libro di fotografie, a casa di un amico, l’ho vista.
chissà. forse ancor più del libro di minerali che ho ricevuto a 12, è stata la scintilla che ha dato fuoco al piccolo falò che il mio subconscio stava preparando sull’altare della geologia.
non so perché mi ha colpita dal primo momento che l’ho vista. avevo 10 anni. una foto di un pallone nuovo, o di una macchinina nuova, o di una bicicletta nuova…ecco, sarebbe stato più sensato rimanere colpiti da queste cose.
invece, anche all’interno di un bellissimo libro, che illuminava gli occhi di chi lo guardava con tutti i posti più belli del mondo, mi sono soffermato solo su di lei. appena l’ho vista. non ho più girato pagina.
sarei dovuto essere già da lei. devo arrivare a lei.
l’attesa e il desiderio, a volte, servono per assaporare meglio quello che vuoi raggiungere. è vero.
ma mi stanno logorando. da qualche giorno non riesco più a gustarmi niente. faccio l’accademico. ma è triste.
avrei già dovuto capirlo 7 giorni prima della partenza. la mia meta è una sola. una volta raggiunta, potrò dire di aver fatto almeno una cosa buona nella mia vita. di sicuro, almeno una.
poi. tornerò a melbourne. e andrò tutti i giorni sul mio molo. a parlare con leonardo. magari un po’ in inglese.
a dirgli che ha sbagliato. ma che ha ancora tempo. a dirgli che si possono correggere tutti gli errori. a dirgli che il tempo perso non glielo restituirà nessuno, ma quello rimasto, verrà ben speso.
e gli dirò che, forse, anche lui deve andare a trovare la cosa che lo ha fatto sognare a 10 anni. che deve andare a sognare davanti a lei.
come io sono andato a sognare davanti alla mia
Uluru
la pioggia postato da toscalamosca [22/03/2011 04:10]
sono ad adelaide.
piove e fa freddo. anche se, tutti quanti, me compreso, continuiamo a girare in pantaloncini.
per la seconda volta imbuco il post quando siete in piena fase r.e.m.
cos’è che state sognando? il prossimo viaggio che farete, di cambiare lavoro, di salvare la vostra bella da un branco di teppisti (i draghi sono tutti morti), di baciare il vostro principe bluette, di non alzarvi dal letto per un mese, di fare pace con chi avete litigato ieri, di riuscire ad ottenere quel disegno o progetto che da tanto desiderate, di riuscire a finire il lavoro che tanto vi sta stressando, una bici nuova, di spaccare la faccia al capo, o del vostro commercialista, la prossima persona che abbraccerete…
tutte cose che ho sognato anche io…e qualcuna continuo ancora a sognarla…
beh, forse non ho mai sognato di baciare il principe bluette. forse perché ero io.
in attesa del secondo pullmone rosso in meno di 12 ore, che mi porterà a coober pedy, vi penso un pochetto.
pensavo di rimanere almeno un paio di giorni, qui, ad adelaide.
ma mi ha accolto male.
è stata cattiva.
quindi…ho deciso di non uscire neanche dalla sala d’aspetto della stazione centrale dei bus.
alle 18, tra 5 ore, mi appisolerò su un altro sedile, e domani alle 5 sarò nella capitale dell’opale…ogni tanto, l’altarino della geologia necessita di un piccolo olocausto.
guardo fuori. da voi è iniziata la primavera. qui sta iniziando l’autunno. il mio amicone con il rubinetto in mano ha deciso di seguirmi. mi sento un po’ Fantozzi. ma finchè resto al coperto, gli mostro il dito medio.
e domani, arriverò al deserto. se pioverà anche lì, mi metto a fare lo sciamano.
domani sarò un po’ più vicino. mi potrò concedere ancora qualche giorno di attesa.
la Bianchi si divertirà un po’.
forse penserete che sia stato troppo drastico con adelaide. che avrei dovuto almeno uscire a guardarla un po’. darle una possibilità.
ma piove…e, soprattutto, questa è la copertina del catalogo ufficiale della città…
le mosche postato da toscalamosca [23/03/2011 15:26]
quando ho deciso di creare un blog, pensavo che dovesse servire soltanto per fare vedere le foto agli amici senza fb. si è trasformato in una specie di diario di viaggio. adesso non so più cosa sia.
oggi lascio andare il carro dove vuole.
non so dove mi porterà.
alle 5 di questa mattina arrivo a coober pedy. ovviamente senza sapere quale sia il passo successivo. ma di lì a poco apre il caffè-ristorante della stazione di servizio all’ingresso del paese. ne approfitto per fare come la prima notte a sydney: mi tiro dietro trolley e bici e mi faccio un giro per la main street. è lunga circa un chilometro. arrivo in fondo e ritorno. in tempo per entrare nel caffè, e aspettare l’apertura dell’ufficio informazioni dall’altra parte della strada.
nel caffè mi collego a internet e guardo quali accommodations offre la capitale dell’opale. c’è l’ostello che al mio arrivo è venuto a prendere un gruppo di ragazze, un po’ di motel e un paio di alberghi. rimango colpito da una specie di pensione-dormitoio di nome opal cave. esattamente come tutte le abitazioni del paese, anche questo è sviluppato per più dell’80% sotto terra. mi piace. voglio questo. all’ufficio informazioni faccio telefonare per sapere se c’è posto. ce n’è. mi aspettano.
come quasi tutti i negozi presenti, anche l’opal cave vende opali. il negozio funge anche da reception. mi accoglie una signora che mi vuole mandare all’ostello. sembra che qui, qualsiasi attività, sia in mano alla stessa persona: tutti fanno pubblicità agli altri, anche se dovrebbero essere concorrenti. ma io non voglio andare nell’ostello, voglio rimanere qui, le dico. lei insiste, allora mi metto a fare quello che so fare meglio: quello che non capisce un cazzo di quello che gli viene detto. prendo la signora per sfinimento. mi fa rimanere. capisco perché voleva mandarmi da un’altra parte. ci sono solo io. stanotte avrò tutta la stanza per me…una stanza con 52 posti letto.
le due notti precedenti, passate sui pullman, mi hanno un po’ stancato. mi stendo e provo a dormire. però al caffè mi sono fatto due cappuccini. troppa caffeina.
ma mi accorgo di una cosa. sono esattamente dove voglio essere. non si sente niente. nessun rumore. neanche di sottofondo. sono dentro ad un sarcofago, lontano da strade e da qualsiasi attività. è impressionante. c’è talmente tanto silenzio che riesco anche a sentire i pezzi più grossi di arenaria che, sgretolandosi, cadono a terra e che, insieme alla polvere, ricoprono tutte le superfici. posso pensare. mi piace raffigurare certi concetti come se fossero degli animali. da ieri, oltre al lupo che mi tiene compagnia da quando sono partito, mi si è affiancato anche un unicorno. sono animali strani. ti cercano loro, tu non puoi trovarli. se sei fortunato ne vedi uno. una volta. ma devi essere bravo a non farlo scappare. io non lo sono stato ma, non so come e perché, mi ha cercato una seconda volta. e questa volta gli sono andato incontro e l’ho fermato. mi ha capito e mi sta seguendo. ci parliamo tanto. ci stiamo conoscendo. è un animale bellissimo. voglio che mi segua per tanto tempo.
sto bene. aspetto che il sole del deserto mi consenta di uscire.
alle 17 giro un po’ nel paese.
ci sono tante mosche. appena ti fermi ti avvolgono. dopo una manciata di secondi capisco che è inutile scacciarle. allora mi viene in mente un passo di un libro che lessi 20 anni fa “…e la chiamarono due cuori”. una di quelle storie che o ti piacciono o ti fanno schifo perché è solo la solita storia new age tutta Terra ed emozioni. io rientro tra i primi. la storia è ambientata in australia e, se non ricordo male, parla di una sorta di donna in carriera che finisce in mezzo agli aborigeni dei territori del nord. loro gli dicono che non deve innervosirsi per le mosche. ti puliscono la pelle e ti tolgono la sabbia. anche loro sono parte della vita. quindi le devi accettare. non rifiutare.
alle 18 imbocco la strada per oodnadatta, lontana quasi 200 km.
io mi accontento di andare avanti fino alle 19,30, e ne faccio circa 35. non c’è nessuno. da nessuna parte. il deserto mi accoglie molto più verde di quanto immaginavo. niente paesaggio lunare che ti pubblicizzano. ma va bene così.
qui il lupo mi scappa un sacco di volte. ma si fa sempre raggiungere. ovviamente, perché lo vuole. mi sta facendo riflettere sulla decisione di ritornare in italia. mi dice che nell’equazione della vita, le variabili improvvise, sono insidiose. non sai mai come valutarle, come considerarle. è vero, gli rispondo. ma sono anche le cause delle emozioni più belle. gli dico che preferisco un’equazioni con una variabile sconosciuta ma emozionante che un’equazione lineare che non mi fa provare niente. quando mi sente dire che è meglio essere ottimisti e pensare che, anche se è difficile, l’equazione si può risolvere, piuttosto che bloccarti già in partenza, torna a correre più veloce. ma guarda sempre dietro per vedere se lo seguo.
supero per qualche chilometro la barriera contro i cani selvatici e poi ritorno indietro.
mi siedo e mi fermo a vedere scomparire il sole all’orizzonte.
riparto quando si sta facendo già notte. ma sono attrezzato e non ho fatto neanche una curva. sono completamente immerso nell’oscurità, ma il mio fanale mi consente di percepire un continuo movimento attorno a me. sulla strada si materializzano tante piccole pollottoline di piume nere: sono la specie locale di kiwi. non più grossi di un pulcino. nel cercare di schivarli mi pianto in un solco di pneumatico secco. la mia prima caduta australiana. ma sono attrezzato anche per questo. continuo. ne trovo altri sulla strada, insieme a sagome più grandi. questa volta vado dritto e un paio di volte sento un rumore strano. domani dovrò pulire la Bianchi non soltanto dal fango. arrivo ad una piccola altura, da dove riparte la strada asfaltata e da dove si rivedono le luci della città.
un po’ le aspettavo.
la mia grotta mi accoglie silenziosa come l’ho lasciata. solo più buia.
mi sistemo e mi metto al tavolo a scrivere questo post.
poi prenderò carta e penna e inizierò a capire come risolvere l’equazione.
non ho fretta.
ho tempo.
l’avamposto postato da toscalamosca [26/03/2011 12:51]
stanotte, per la somma di 35 $ , dormirò nella mia prima vera stanza australiana.
si trova in questo edificio.
collocato in questo complesso.
che è qui.
per andare a Uluru, tutti vanno fino ad alice springs, da cui partono i vari torpedoni o pulmini dei tour operator. questa amena località turistica è a circa 200 km a nord dal bivio per Uluru sulla national highway 87 e con la cifra spropositata di 28.000 (banfati) abitanti è il centro urbanizzato più grande nel raggio di 1000 km (o forse più…ah, non c’è uno zero in più, sono proprio mille). coober pedy, che è il secondo più grande, con 3000 anime già sotterrate, si trova a quasi 700 km a sud di alice springs.
mi sono detto “perché dovrei farmi 400 km in più del necessario, tra andare fino ad alice springs, dormire una notte, tornare al bivio, e arrivare ad Uluru, quando sul bivio esiste un’altra amena località turistica?”. [n.d.a.: il bivio è proprio quello che si vede nella mappa qui sopra: a nord si va verso alice, a sud si torna verso coober pedy e adelaide, a ovest si va verso Uluru e ad est si va a trovare mordor]
erldunda
Tolkien avrebbe potuto utilizzare questo nome per battezzare qualcuno dei suoi paesi della terra di mezzo.
pronunciatelo.
su provateci, non siate timidi.
mette soggezione, vero?
finalmente, ieri pomeriggio, intorno alle 19, ho trovato la biglietteria greyhound di coober pedy aperta.
quando ho chiesto al bigliettaio, identico al Lurch della famiglia Addams, che volevo andare ad erldunda, mi ha guardato in maniera strana e mi ha detto se sapevo dov’era. “ehi” gli faccio, “guarda che sono un geologo”. “ah” mi risponde. è ancora lì che ride. ma in maniera composta.
con questa mossa risparmio più di 100 $ tra andare e tornare da alice spriings. sogghigno per la mia capacità gestionale.
se sei nella capitale mondiale dell’opale, nello stesso paese che ha per capitale una città con una stazione centrale come quella dei playmobil, credi che per andartene ci siano molte maniere?
un pullmone rosso alle 5:50 del mattino.
oppure rimani a fare il cane della prateria nella tana e, dopo 2 giorni, a fracassarti gli zebedei con un martinetto idraulico.
questa mattina alle 5:30 sono già al terminal ad aspettare, insieme ad altri 3 ragazzi e 3 autoctoni. l’idea è quella di arrivare nella frazione del paese degli Hobbit e provare a prendere qualcuno dei pulmini che vanno a Uluru.
alle 5:55 il pullmone rosso non si vede ancora.
ora. fossimo in italia, uno sarebbe nel bar a ordinare un cappuccino, con ancora il tempo di leggersi tutta la cronaca, la politica e i necrologi di due quotidiani diversi.
ma questa è l’australia. in un mese ho accumulato 10 minuti di anticipo.
dilaga la preoccupazione. “un meteorite è caduto sul greyhound” azzarda la giapponesina che insieme a due sydeneyani e me compongono la parte alloctona del gruppo in attesa. un altro dei due ragazzi punta su una mandria di vacche che ha bloccato la strada. io dico “ha messo sotto un cazzo di canguro e adesso sta scrostando il parabrezza”. ovviamente in italiano, non conosco la traduzione per cazzo.
i 3 autoctoni tacciono.
alle 6:30 scopriamo che, da qualche parte tra pt. augusta e glendambo, il pullmone, in arrivo da adelaide, ha bucato.
alle 7:14 arriva. si parte alle 7:30 dopo il cambio dell’autista e lo scarico della posta e di altro materiale che i pullmoni portano in giro per l’australia.
tutte le fermate successive vengono compresse al minimo indispensabile, compresa quella sul bivio per indulkna. qui scendono i 3 autoctoni che si incamminano a piedi per il villaggio, a 8 km, dove esiste un famoso centro di arti e mestieri dei nativi. sarebbe interessante andarci. magari la prossima volta.
alle 12:30, con un’ora e mezza di ritardo, arriviamo a erldunda. avete già visto come si presenta dall’alto. dal basso è peggio.
Tolkien, quando immaginava gli avamposti abitati tra la terra di mezzo e le terre di mordor, li pensava proprio come erldunda. io immagino che anche Buzzati sia passato di qui, prima di scrivere il deserto dei tartari.
il ritardo mi ha fatto perdere i pulmini che durante la mattina, partendo da alice spirngs e fermandosi in questo sputo di baracche, vanno verso Uluru.
ho anche pensato di fare l’autostop ma, fino alle 17, il sole ti griglia come una costina e il traffico del pomeriggio è composto da auto già straripanti di persone e bagagli. purtroppo non ho la tasca di eta beta dove infilare la Bianchi e il trolley.
non posso fare altro che fermarmi per la notte. ma nella stanza più bella che abbia avuto in territorio australiano.
domattina, alle 8:30, prenderò questa strada, che mi porterà a yulara.
sarò a meno di 20 km da Uluru.
una sciocchezza per la Bianchi.
la sorpresa postato da toscalamosca [26/03/2011 17:26]
un pulmino della emu tour, oggi, avrebbe dovuto portarmi all’ayers rock resort, una sorta di villaggio vacanze, a circa 20 km da Uluru.
puntuale, come qualsiasi attività umana australiana, a meno di sfighe, alle 8:30 è arrivato il mio passaggio. solo che non era un pulmino da 20, bensì uno da 50. con 20 persone a bordo.
anche se ho pagato quasi la metà degli altri 20, i due autisti mi convincono a fare il tour insieme a loro. oggi, pensione completa. e a fine giornata mi portano direttamente davanti alla porta del mio ostello.
dopo la partenza dall’avamposto umano sul confine della terra di mordor, ci fermiamo nei pressi del monte connell, spesso confuso con Uluru.
tutto attorno una marea di dune parzialmente vegetate e depressioni lacustri che oramai sono più saline che laghi.
è affascinante pensare che per centinaia di chilometri in tutte le direzioni e anche per migliaia da alcune parti non ci sia nient’altro che Natura. ogni tanto qualche traccia di asfalto, più spesso soltanto sterrata, indica che l’uomo si può fare vivo. ma con parsimonia.
si prosegue e si arriva a kata tjuta, una piccola catena montuosa, essenzialmente di origine vulcanica, dalla forma decisamente originale. il nome, nella lingua originale, significa “molte teste”, e, da certe prospettive, si ha l’impressione che ti guardino e che non siano molto soddisfatte di quello che vedono.
però i contrasti tra i colori sono fantastici, soprattutto quando emerge qualche piccola sorgente che fa crescere una specie di vegetazione arbustiva con tonalità azzurrognole, che si fonde con il verde, il bruno-bistro della roccia e l’azzurro del cielo. è un sito sacro. bastano 5 minuti per capirne il motivo. vorrei restare ore. ma sono legato al tour. magari ci ritorno cavalcando la Bianchi.
poi si arriva ad un’altra formazione che emerge dal deserto. questa volta si tratta di arenaria.
le forme che l’erosione ha inciso sulla sua superficie fanno sì che, cambiando punti di vista, tu possa ritrovarci disegni, sensazioni, colori o percezioni diversi da quelli del tuo vicino. puoi vederci tutto.
è tutto morbido. ti viene voglia di accarezzarla.
da qualche parte puoi anche vedere una mano che vorrebbe afferrare un cuore, ma una punta di paura la fa esitare.
ti rendi conto che non sei soltanto davanti ad un simbolo o a una cartolina
sei in un posto magico
le sette spine postato da toscalamosca [27/03/2011 16:40]
ovviamente avete capito dove sono.
diciamo che arrivare con un pullman da tour mi ha fatto perdere un po’ di poesia.
vi siete risparmiati dei pistolotti mica male.
oggi, però, il giro in bici nel deserto per 7 ore mi ha soddisfatto ampiamente, facendomi riprendere lo stato ascetico.
in teoria sarei dovuto partire all’alba ma, evidentemente, dovevo dormire di più. ho finito la colazione alle 9:30. partenza 5 minuti dopo.
dopo 20 km e un po’ di foto per soddisfare l’esigenza di moltitudini di fan, che mi gettano in continuazione mutandine e magliette intrise di sudore, arrivo alla base di Uluru.
di seguito ne posto qualcuna. è evidente che i soggetti mugnificenti sono 2.
posa standard. niente da dire.
variante: l’uomo che guarda verso l’orizzonte.
posa alla lone ranger. l’uomo e il cavallo che guardano l’orizzonte.
il cavallo si riposa dopo aver sotterrato l’uomo.
l’uomo che deve abbattere il cavallo ad un passo dalla meta.
l’uomo felice perchè è arrivato alla meta. anche se il cavallo è morto.
rimontato in sella, inizio quindi il primo dei 2 giri attorno al monolite che farò nella giornata.
voglio fare parlare soprattutto le foto.
nessuna, però, è riuscita a catturare l’atmosfera che si percepisce in ogni angolo dei circa 9 km di perimetro.
kantju gorge è il rifugio che non avrei voluto lasciare. una sorgente alimenta una polla d’acqua presente alla base delle parete. qui il versante è verticale per 100 m, ma non è solo questo…sembra che qui il tempo si fermi. in qualsiasi momento della giornata c’è sempre una zona in ombra dove riposare. ti siedi.
e non vorresti più rialzarti.
oltre a fare Magellano sul sentiero che gira attorno a Uluru, sono anche ritornato al centro culturale del popolo originale, dove si può apprendere un po’ di storia e stile di vita. non si può fotografare niente, così come alcune delle aree più sacre di Uluru. ho fatto qualche disegnino che raffigura qualcuno dei simboli più utilizzati. boh…sarà la volta buona che mi farò un tatuaggio.
intorno alle 16 mi accorgo che il sole mi ha rosolato per bene. in ogni caso non mi va di andare nel sunset viewing area, troppi pullman. decido quindi di tornare verso il resort.
esco dal centro culturale e recupero la Bianchi.
me la trovo un po’ spompata…con entrambe le gomme a terra.
in altri posti e in altri momenti, in toscana per esempio, mi sentirebbero. ma qui e oggi, va bene così.
mi volto verso Uluru e le dico “è perché ogni tanto sono passato sul substrato roccioso che emergeva lungo il sentiero?”. non mi ha risposto.
una camera d’aria la cambio. l’ultima. fino al giro nella capitale dell’opale ne avevo due. ma anche lì avevo bucato. ci stava. per l’altra devo usare le toppe. passo e ripasso la mano dentro i copertoni e conto un totale di 6 spine. 4 in quella anteriore e 2 in quella posteriore.
non ho fretta e sono all’ombra. dopo una mezz’ora riparto.
anche se Uluru mi rimane sempre alle spalle, mi giro spesso per rivederla.
a circa metà strada, in una manciata di secondi, la gomma posteriore si sgonfia di nuovo. ci penso un attimo. no. la camera d’aria è quella nuova. non ho bisogno di troppe ricerche, vedo una spina grossa come un chicco di riso spuntare dal copertone.
mi volto verso Uluru e gli chiedo se l’ho offesa, ma lei è velatamente coperta da alti arbusti, come se si vergognasse un po’. magari non vuole che me ne vada così presto.
di toppe ne ho ancora. e ho anche l’ombra.
va bene.
ho respirato magia tutto il giorno.
niente mi può agitare.
neanche 7 spine
l’eucalipto postato da toscalamosca [31/03/2011 13:43]
la giornata di ieri l’ho passata a conoscere alice springs (l’esplorazione più breve della storia), a organizzarmi la permanenza (più lunga di quello che avevo preventivato), a fare la spesa più rilevante da quando sono in territorio australiano e a continuare uno splendido libro donatomi da una piccola grande amica…libro, tra l’altro, che parla di unicorni. se credessi nelle coincidenze…
sabato andrò a fare un tour in 4×4 nelle west macdonnell ranges: circa 140 km di pura Natura. oggi, invece, ritorna in campo la Bianchi, per fare le east macdonnell ranges, circa 90 km di fondovalle.
come al solito non programmo niente. parto e vedrò fino a dove riuscirò ad arrivare.
a circa 7 km da alice non c’è già più niente di riconducibile all’uomo, a parte la strada.
arrivo al primo dei due “gap” più vicini: l’emily. tecnicamente è un colle, perché permette di varcare la catena montuosa, passando da versante a versante. però è alla stessa quota del fondovalle, sia da una parte che dall’altra…come se avessero tagliato una fetta di montagna. non ne avevo mai visti così.
sull’altro versante si vede il letto dell’uadi che passa da parte a parte la catena. durante il periodo delle piogge il livello dell’acqua può superare la mia altezza.
nel centro del “gap” si possono vedere anche dei graffiti dedicati alla leggenda dei 3 “caterpillars” (bruchi) che hanno creato la catena e il valico.
non c’è nessuno. dalle 3 macchine e 2 pulmini che incrocio nelle prime 2 ore tutti mi salutano. l’unico suono che si sente è quello del vento.
il jessy gap è un po’ più ampio dell’emily, e un po’ meno affascinante. trovo anche una coppia che sta prendendo il sole.
proseguo.
dopo un’ora circa trovo una piccola altura. il mio solo fuori pista di oggi. arrivato in cima capisco dove sono. mi aspetto di vedere un triceratopo.
il cielo, oggi non è terso, e rende tutto ancora più affascinante. sono già un po’ stanco, ma guardandomi attorno, capisco che, a volte, soffrire un po’, ti permette di ricevere una grande ricompensa.
ridiscendo il poggio e continuo a proseguire verso la testata della valle.
ho già terminato la mia borraccia, e la sacca nello zaino è a metà. il sole…beh, il sole è sempre il sole del deserto. un po’ ti consuma. a circa 50 km da alice decido che, se voglio ritornare, forse è meglio che mi fermi e mi riposi un po’.
durante la mia “salita” ho incrociato molti attraversamenti di uadi, tutti secchi e, ovviamente, tutti al livello della strada. non si fanno ponti se non servono. almeno qui. in australia intendo.
mi sorprendo di trovare un rio con dell’acqua corrente. evidentemente, questo, è alimentato da sorgenti perenni.
mi fermo. ci sono anche dei grandi eucalipti. carico borraccia e sacca.
poi…poi decido di fare una di quelle cose che la maggior parte delle persone giudicherebbe una bambinaggine. salgo su uno degli eucalipti, e mi sdraio su uno dei suoi rami.
c’è tutto quello che mi serve. l’ombra, l’acqua, la quiete, il riposo, il vento che mi parla.
attraverso i rami e le foglie guardo muoversi le nuvole.
stacco anche 3 foglie. una alla volta le mastico tutte.
forse i koala hanno capito tutto.
il cappello postato da toscalamosca [01/04/2011 13:27]
ho comprato il mio primo cappello.
mi era già capitato di comprare qualche berretto. ma un cappello, mai.
e sì che, con la mia moltitudine di riccioli biondi, potrei veramente girare sempre con la testa coperta. tra l’altro, diminuirei anche il rischio di accecare qualche pilota di aereo.
…
certe persone vivono combattute per gran parte della vita.
non riescono ad essere contente. ad essere serene.
anche quando ne avrebbero la possibilità.
ma non è solo questo.
una parte di loro preferisce pensare che sia meglio essere pratici.
pensano che se si lasciassero andare all’emozione, potrebbero perdere il proprio mondo sicuro.
frustrazione e rimpianto.
è questo che si rischia
…
purtroppo, con la mia testona, mi rendo conto di non stare sempre benissimo con un cappello e, anche se Paul Hogan è perfetto con il suo, io rischio di fare la figura di un eschimese in costume da bagno.
però, anche se vedere la pelle di un eschimese potrebbe rivelarsi un’esperienza traumatica, mi sono comprato un cappello.
ce n’erano in pelle di vacca, bue, vitello, manzo, pitone, coccodrillo, impala, iguana, ramarro, pantegana e di canguro del cazzo.
secondo voi, come l’ho preso?
bravi! ma solo perché non ce n’erano in pelle di kiwi del cazzo. sembra che ce ne vogliano troppi e che, dopo un paio di ore, al rivoltatore (quello che infila le dita dentro alla pancia e rivolta il kiwi come un calzino), gli si blocchino i tendini estensori della mano. e poi la mutua paga. costerebbero troppo.
…
ogni giorno facciamo delle esperienze, la somma delle quali, dovrebbe modificare il risultato della nostra percezione nella vita. giornalmente.
invece tendiamo ad essere sempre legati alle sensazioni che ci hanno impresso i momenti più bui. quelli che ci hanno fatto più male.
preferiamo pensare che sia meglio evitare di provare quello che ci ha fatto soffrire già una volta.
anche se questo comporta il rischio di non poter essere felici.
di avere paura di amare.
…
il mio cappello…
lo sto tenendo anche quando mi viene voglia di sonnecchiare.
avete presente…
piano a figura intera
l’uomo seduto con le gambe allungate,
la camera si avvicina,
piano medio
lui che dice “e adesso è l’ora del riposo, baby”
e si cala il cappello sul viso.
a me cadono sempre gli occhiali.
cazzo di Hollywood.
…
il tempo è importante.
quanto può durare la vita di un uomo? oramai aumenta sempre di più. siamo fortunati.
ipotizzando una durata di 90 anni,
abbiamo a disposizione 1.080 mesi, o 32.850 giorni, o 788.400 ore, o 47.304.000 minuti.
circa.
e ipotizzando che un attimo sia pari ad un secondo, in una vita abbiamo a disposizione 2.838.240.000 attimi.
sono dentro gli attimi che si vivono i momenti più belli.
perché rinunciare a quanto di più bello si può provare?
perché decidere di indossare una maschera per nascondere la tua vera essenza?
arrivare ad un punto, voltarsi indietro, e rammaricarsi delle scelte prese.
la vita può essere lunga.
ma abbiamo a disposizione soltanto 2.838.240.000 attimi.
e in questo momento, ne sono volati via già 5.
…
è un bel cappello il mio cappello.
mi piace il suo odore.
ripara dal sole e anche dalla pioggia.
spero che ripari anche dalla paura di amare.
la mente e il corpo postato da toscalamosca [05/04/2011 07:30]
la mente è riuscita ad ingannare il corpo…
è riuscita a fargli credere che 200 km sotto il sole del deserto, pedalando nella valle del vento, si sarebbero potuti fare senza problemi. e l’ha anche convinto che le previsioni del tempo, che dicevano “brezza”, non avrebbero sbagliato.
maremma di quella grandissima troia!
ma…ricapitoliamo.
e, visto che il mio amico farmapodologo insinua che non riesca a sintetizzare poche ore di vita in poche parole, parto dall’inizio.
all’inizio non c’era un cazzo. il buio era come la pece (ma non esisteva ancora, quindi…diciamo che era un buio molto buio, in cui non capisci se hai gli occhi chiusi o aperti)…non c’erano tutte quelle luci che si accendevano, tipo quella che si illumina alle 6 del mattino perché il tuo vicino di branda deve andare a fare il tour delle fabbriche di profilati di alluminio. poi, un piccolo atomo, l’unico, si stufò di giocare a poker alla texana da solo…decise quindi di fare delle cose strane, che i professori di scienze provano a spiegare ma, visto che non ne sanno un tubo neanche loro e sparano un sacco di vaccate, se vuoi capirci qualcosa, devi vedere il mondo di quark. prima ci fu un tavolo con panno verde e altri 3 giocatori poi, via via, tutte le altre cose meno importanti. sembra che l’atomo, affetto da una forma di bulimia molto grave, continui a produrre nuove lottizzazioni…è per questo che si fanno così tanti condoni…gli ambientalisti dovrebbero per prima cosa chiamare un buon dietologo. ma divago…in sequenza venne la luce (per illuminare il tavolo), la birra (per la vitamina b), il barman (per fare i cocktail), il jazz (per creare l’atmosfera), la saiwa (per gli stuzzichini), l’atoma (per riempire i tempi morti). dopodiché, visto che c’era ancora molto spazio, venne tutto il resto. fino ad arrivare al cazzo di vento. nelle intenzioni doveva aiutare l’atoma a far asciugare prima il panno verde…poi, si decise di farne un altro, così ce n’era sempre uno di ricambio. invece, il cazzo di vento, fa venire il mal di testa, fa entrare la sabbia negli occhi, fa volare i cappelli di pelle di canguro del cazzo, fa svolazzare, fino dentro alla piscina attigua, le ricevute dei pagamenti da esibire, ti fa scottare più velocemente e, soprattutto, quando sei in salita con la Bianchi, e ti viene contro il petto villoso, ti fa mandare molte maremme troie!
ma veniamo a noi.
ieri mattina partenza alle 7,20…con il sorriso degli ottimisti…
meta, l’elley creek bighole…e con questo non vuol dire che mi senta in astinenza…distanza da alice, 92 km. dall’ingresso dell’ostello, lo raggiungo facendo esattamente 4 svolte. per la comprensione di tutti, professori di scienze compresi, stilizzo il percorso qui sotto.
anche sul viaggio di andata potrei raccontarvi cose innominabili, ma vedo già uscire da sotto il banco la playstation. quindi soprassiedo.
alle 11,17, dopo un po’ di foto, una foratura e tante contemplazioni, arrivo all’elley.
vedete un po’ voi se meritava ritornarci.
nonostante abbia trovato un altro eucalipto su cui stendermi e su cui, nuovamente, venire inondano da ettolitri di beatitudine, decido di ripartire già alle 14. e, dopo aver fatto i 2 km di sterrato per raggiungere la namatjira drive, mi rendo conto di aver fatto bene.
non posso dire che fossi fresco come una rosa, ma neanche troppo stanco. però, fare 90 km, anche di montagne russe, con il vento contrario, è stata un’esperienza…illuminante.
evidentemente è ora che sgozzi qualche bue grasso per ingraziarmi eolo. oppure che vada direttamente a sgozzare il bastardo. propendo più per la seconda scelta.
quando ti accorgi di essere arrivato quasi al grappino? quando incominci a urlare “e questo è tutto quello che sai fare? mandami una bora, brutto bastardo!”. io sono arrivato oltre…
a 17 km da alice, dopo aver superato l’incrocio per l’ultima attrazione (o la prima, a seconda da dove arrivi), il simpson gap, faccio il punto. sono le 19,17 e oramai è buio come la pece (nel frattempo l’hanno inventata). “bivacco sotto le stelle…oppure continuo?”. faccio una via di mezzo…ogni tanto scendo dalla bici e mi metto a camminare. avete presente quando vi fanno vedere le ricostruzioni delle galassie, in cui si vedono quelle spruzzate di pulviscolo stellare…ieri notte era così…nonostante tutto, riesco ad assaporare il cielo sopra la mia testona. dal profilo delle montagne o dalla linea dell’orizzonte, ogni stella è visibile. non puoi preoccuparti davanti ad uno spettacolo del genere…ti viene voglia di metterti a contarle. ti dimentichi della fatica, ti dimentichi di tutto il resto. puoi solo guardarle.
alla fine, alle 20,35, varco il cancello dell’ostello.
la mente ci ha messo lo zampino.
ma anche il corpicino aveva qualcosa da dire.
il barattolo postato da toscalamosca [07/04/2011 18:06]
secondo voi, è più facile ridere o piangere? ed è più facile far ridere o far piangere?
non sono domande retoriche. mi piacerebbe sapere la vostra idea in proposito.
due giorni fa ho conosciuto abby. mi ha chiesto se potevo aiutarla con un barattolo che non riusciva ad aprire…una delle poche funzioni utili che ancora possono compiere i maschi.
forse l’ho fatta ridere con le mie frasi da troglodita, non so, sta di fatto che non si è stufata come, in genere, hanno fatto i ragazzi con cui fino adesso ho chiacchierato (e ne avevano tutte le ragioni).
molto lentamente, ma doveva aspettare che cuocessero le sue verdure, abbiamo parlato per un po’.
abby ha 22 anni ed è una ragazza molto carina e intelligente. è di sydney. sta studiando per diventare guardiaparco. per questo è venuta ad alice. per girare tutti i parchi sparsi nella zona.
ad abby manca parte del braccio destro.
gli è stato troncato dalla lamiera dell’auto dove viaggiava con sua zia, suo cugino e suo fratello più piccolo.
aveva 16 anni. ed è l’unica sopravvissuta.
nei giorni precedenti mi era già capitato di notarla. ma non per il moncherino.
sono rimasto colpito dal suo sorriso e dalla sua risata. le prime cose che noto in una ragazza, probabilmente.
poi, ho fatto caso a come muoveva e teneva il braccio.
tende sempre a nasconderlo. credo che si possa capire il motivo. se già avere un po’ di cellulite o un paio di brufoli creano scompensi emotivi in molte ragazze, come si può sentire una senza un braccio?
io, anni fa, per qualche ora mi sono fatto venire dei complessi per la palata. poi ho capito che era la Natura che compensava.
abby ha molta più dignità di me. ride con gli amici. e ha un sorriso magnifico.
ma non può aprire i barattoli.
ieri è tornata a sydney.
spero che trovi sempre un geologo che l’aiuti ad aprirli.
…
il vento, qui ad alice, è di casa. mi sembra di avervelo già detto.
ovviamente gli australiani ne fanno buon uso. hanno tutti l’asciugatrice di fianco alla lavatrice. forse perché, così, hanno una superficie maggiore se si sentono in vena di fare 9 settimane e tre quarti…la lavanderia è lontana dalla stanza dei bimbi…
generalmente è costante, di frequente è a raffiche, spesso rompe i coglioni.
il mio ostello ha la piscina. avete presente…quelle specie di padelle da ospedale a forma di fagiolo, scalate con autocad di 15. io non riesco a fare neanche 2 bracciate.
ma, in compenso, ci sono molte foglie, un paio di palloni di plastica che galleggiano, lasciati dal gruppo scout di adelaide, tutti espulsi con ignominia, perché li hanno usati come coadiuvanti erotici, e un paio di rane…anche se su quest’ultimo aspetto, non ne sarei sicurissimo. potrebbero anche essere tre.
però, fa figura. con tutt’attorno 15 mq di prato rasato alla turca. e una palma di plastica alta 5 m.
perché vi dico tutto ciò? cosa centra il vento con la piscina olimpica per cicciobelli?
sù, dai che ci arrivate…
vi aiuto.
al margine del prato alla pakistana ci sono delle belle sdraio in tessuto non tessuto, un po’ verde marcio, un po’ marcio. tutte passate sotto il taglierino di Lucio Fontana.
mi capita di usarle per farci tutte quelle cose che abitualmente si fanno con le sdraio. spezzarsi le falangi delle dita, in particolare.
tu ti siedi. appoggi il tuo libro e tutti quegli oggettini che ti ingombrano le tasche e che, sedendoti, ti schiaccerebbero i gherigli delle noci.
ah, a volte, appoggi anche quei foglietti che, con il tempo, raduni caoticamente nei vari marsupi presenti sui tuoi abiti. le ricevute dei tour già pagati, per esempio. da esibire al cazzo di autista.
succede che eolo vuole farsi 16 risate, spara una raffica, fa alzare i fogliettini, li spedisce verso la piscina, contando sullo scatto felino del geologo, che non tiene conto del rinculo che causa al cappello che così facendo svolazza insieme ai fogliettini, e tutti insieme appassionatamente si avvicinano pericolosamente al bordo vasca sempre con il geologo alle calcagne, che però ha delle cazzo di ciabatte di plastica che scivolano sull’acqua accumulata sulle piastrelle e con un gioco di reni e cistifellea inarca plasticamente gli arti, riuscendo ad afferrare il cappello e un fogliettino, ma non quello giusto, e cade nella piscina con i pantaloncini (la maglietta se l’era tolta per fare eccitare le australiane).
bastardo di un eolo!
a bordo vasca poche persone assistono alla scena. da manuale. buona la prima.
abby e le sue amiche sono tra queste.
si ride tutti insieme.
viviamo in un mondo che vorrebbe farci sempre piangere.
oramai è diventato molto bravo a farcelo fare. e a farci credere che sia più facile piangere.
secondo me ci dimentichiamo troppo spesso che è molto più facile ridere.
ce lo dimentichiamo troppo spesso.
il paese delle meraviglie postato da toscalamosca [09/04/2011 17:36]
alice springs
o semplicemente alice, come la chiamano tutti gli australiani dei territori del nord.
il centro è grande come piazza vittorio.
poi c’è un po’ di roba spalmata su 5-6 km, ma con tanti buchi in mezzo.
tolto qualcosa nel centro, tutto è alto al massimo 4 m.
c’è via Garibaldi, che qui si chiama todd mall, ci sono un paio di supermercati grossi, una decina di supermercati piccoli, un centro commerciale, un po’ di ristoranti, un po’ di negozi, 5-6 pub (il bojangles saloon, ma tutti lo chiamano bo’s, è decisamente interessante…ma ha solo birrette), il cinema…
…il tutto, dentro piazza vittorio.
c’è qualcosa anche in periferia, ovviamente. i vari capannoni industriali, i concessionari di un po’ di tutto, il centro tatuaggi, il casinò e qualche albergo.
il sexy-shop, invece, è di fianco al mio ostello. mah…
c’è anche superga. una collinetta alta 70 m, su cui hanno costruito un monumento ai caduti, e da cui si può osservare alice dall’alto.
c’è il centro culturale. ci sono i musei della guerra, degli aerei, delle donne famose, delle poste e telegrafo.
c’è il cimitero vecchio. diviso per sezioni religiose.
dove le tombe possono spuntare dalle sterpaglie o essere isole in mezzo ad un deserto.
ci sono anche una decina di gallerie d’arte.
tutte vendono tele in stile “originale”. a prezzi per turisti (un mq, generalmente, si aggira sui 600 $). è difficile farvi vedere qualcosa. già a sydney avevo notato che non fanno fotografare mai niente nelle sale che espongono questo tipo di arte. ma un’idea voglio che ve la facciate.
lungo la todd mall ci sono molti autoctoni che vendono tele di seconda o terza mano…come qualità intendo. ma a prezzi molto più bassi.
e sono proprio loro ad avermi colpito.
alice si trova nel centro dell’australia. nel centro del territorio che da sempre è del popolo originale.
quando sono arrivato ad alice, il pullman mi ha depositato davanti all’ostello, che è a 50 m dalla todd mall. appena ho girato l’angolo ho visto questi piccoli gruppetti di uomini e donne, generalmente seduti sui prati, in atteggiamento, diciamo, rilassato. la maggior parte di loro vende dipinti che hanno fatto loro. non sono semplici venditori. l’ho scoperto nei giorni seguenti.
tra l’altro non sono affatto insistenti. se incroci il loro sguardo ti fanno cenno, come per chiederti se ti interessa qualcosa. ma tutto finisce lì.
ma non è stata la vendita ambulante che mi ha colpito.
sono stati i capannelli di locali sparsi per alice, l’obesità, che accompagna 8 donne su 10 al di sopra dei 15 anni, e almeno la metà degli uomini, l’atteggiamento nullafacente della quasi totalità di loro, il numero di strutture assistenzialistiche per “aborigeni”.
le conquiste territoriali da parte degli europei, dei giapponesi o dei cinesi, le ho soltanto studiate sui libri.
la situazione degli indiani d’america la conosco anche per tanti film che ho visto e storie che ho letto.
l’impasse palestinese-israeliana cerco di analizzarlo frequentemente.
qui sto capendo cosa succede ad un popolo che viene colonizzato. anche se 200 anni possono sembrare tanti. o pochi.
o continui a lottare. a non mollare mai. ma intere generazioni non conosceranno che guerra e odio.
e magari, ti estingui.
o provi ad integrarti, se te lo lasciano fare. ma la società in cui dovresti provare ad inserirti è comunque lontano anni luce dalla tua.
o vivi in un limbo…dove magari ti danno la paghetta senza fare niente, dove mischi i tuoi usi e le tue tradizioni in qualcosa che non centra niente.
e allora…sei sempre fuori posto. sei solo sopportato dai tuoi conquistatori.
proverò e capirci di più. è l’unica nota stonata qui in australia. l’unica.
alice…in mezzo al niente.
la città più grande dell’australia dopo quelle costiere…un paese che starebbe dentro alle piazze di Torino.
alice…vicina ad alcuni dei posti più belli della Terra.
alice…dove puoi capire l’australia. quella vera.
sono arrivato in australia con un libro intitolato “il paese delle meraviglie”.
e l’ho letto ad alice.
la sedia postato da toscalamosca [10/04/2011 12:22]
il tempo si è fermato.
è stato congelato in un singolo fotogramma.
come se il proiettore volesse spiegarti che, a volte, il movimento non serve.
una delle cose più belle che si possono fare quando sei in un paese nuovo che non conosci, è vagare.
nessuna guida, nessuna informazione, nessun tour organizzato…solo i tuoi piedi, o la tua bici, che seguono la tua ispirazione.
e allora rischi di finire in un posto che potresti trovare ovunque.
un posto che, forse, hai anche sotto casa.
però, in questo posto, puoi trovare qualcosa che ti parla.
che ti racconta una storia.
solo con un’immagine.
edie è morta il 24 novembre 1974. il suo corpo è stato seppellito in quello che, adesso, è il vecchio cimitero di alice.
ieri, sei mesi fa, vent’anni fa qualcuno ha preso una sedia e l’ha portata vicino alla croce di edie…
…una sedia che adesso sembra un albero.
poi si è seduto.
una croce, una sedia e un prato inaridito…
una storia si può raccontare anche così.
semplicemente.
il telegrafo postato da toscalamosca [11/04/2011 13:05]
oggi sono andato alla scoperta delle origini di alice.
cosa spinse l’esploratore william mills fino nel centro dell’australia?
masochismo.
ed era come leopardi…un cesso.
quindi…esplorava ovunque.
la mamma disse di lui: “anche da bambino ficcava il naso in ogni dove. dovevo sempre chiudere la porta del bagno…sempre ad esplorare. ogni pomeriggio dovevo incominciare a chiamarlo 3 ore prima, se no faceva sempre tardi a cena…sempre ad esplorare il cortile…e sì che era grande 15 mq, ma lui…sempre ad esplorare…che figlio pirla!”.
ma william aveva anche 2 zebedei grandi come delle angurie laziali, tanto che aveva bisogno di due portatori, sempre ai suoi fianchi.
insieme ad altri 4-5 come lui, ma un po’ meno cessi, girò il centro dell’australia fino ad essere grigliato come una costina…era di origine scandinava…la pelle era poco adatta al sole australiano.
un giorno, anche se non ve ne frega una mazza vi dico anche la data, era l’11 marzo 1871, arrivò in quella che lui giudicò “the principal of numerous waterholes and springs..about 30 miles east of stuart’s track”.
in effetti arrivò in una “waterhole” e non in una “spring”. ma lui non era un geologo, e non capiva un cazzo di idrogeologia. qui il letto del fiume scorre sul substrato granitico e, anche nel periodo estivo (in cui arrivò per la prima volta), una lamina d’acqua dà l’impressione che sgorghi dalla base della collina. ma era cotto come una costina, perdoniamolo. e poi non tutti possono avere la fortuna di nascere geologi.
william era masochista, ma non era scemo.
dopo aver chiamato il fiume, che scorre qui vicino, “todd river”, in onore del suo capo, nonchè sovrintendente del telegrafo dell’australia centrale e meridionale, charles todd, decise di battezzare “the principal of numerous waterholes ecc.ecc” con il nome di “alice”, in onore della moglie del capo, mrs alice todd. pensate che la madama sia mai venuta a vedere il posto che porta il suo nome? mai…che vacca.
per questo, quando william tornò ad adelaide, charles todd, gli fece fare 5 scatti di carriera, gli donò una villa in riva all’oceano, gli concesse una diaria giornaliera equivalente a 500 € e…gli affiancò due grossi portantini per tutta la vita.
alla fine anche l’esplorazione, paga.
dalla sede del vecchio telegrafo, nonchè primo insediamento di alice springs, sono poi risalito sulla trig hill, la collinetta che domina l’area e su cui è fissato un caposaldo gps. qui mi sono soffermato ad osservare ciò che mi mancherà di più quando tornerò in italia.
da qui si può anche vedere il primo cimitero di alice. 5 fosse. e tanti dejà vu.
ritornando verso alice’s spring, ho notato 2 bambine che scendevano la collina sovrastante.
chissà perchè, ma mi è tornato in mente picnic a hanging rock.
magari ci torno questa notte…
la corsa postato da toscalamosca [12/04/2011 12:28]
oggi ho corso dentro il letto asciutto del todd river…inseguendo il tramonto.
ma è stato più veloce lui.
ogni tanto, quando la Bianchi rimane alla sbarra, vado a fare una corsetta. è un modo semplice per scoprire nuovi posti, nuove strade, nuove facce, e per rischiare di stare ancora meglio.
è preferibile finire di correre intorno alle 10 oppure aspettare l’approssimarsi del tramonto. oramai avrete capito tutti che non sono uno che ama vedere l’alba. quindi…si corre al tramonto.
non mi è mai piaciuto calcolare distanze, tempi e medie. dovrei avere sempre un allenatore con me che mi bastona a dovere.
prendo e vado. come con la bici.
ma…saranno stati gli anni luminosi della luxor, i lupi, gli hobbit e i compari stimolanti, fatto sta che, se non ci mette lo zampino qualche inconveniente esterno, mi fermo perchè, forse, è ora di tornare. sempre con andature da amatore, niente che si possa confondere con una prestazione atletica…però, se non è ora di tornare, vado.
e oramai, non è mai ora di tornare.
non ho mai sopportato gli orologi. servono soltanto per non fare aspettare altre persone…e poi ti lasciano il segno bianco sulla pelle.
quando hai un fiume asciutto che sembra una spiaggia, perchè correre sulle sue sponde?
me lo sono chiesto dopo un po’ che correvo questo pomeriggio.
una volta sulla sabbia, nel centro del fiume, con “a whiter shade of pale”, “dune mosse”, “silent lucidity”, “stairway to heaven” che insieme ad altre giravano in loop sul mio walkman…con stormi di uccelli di tutti i tipi che si alzavano al mio passaggio…con la luna già alta e il sole che stava scomparendo…
ho pensato che avevo tutto quello che mi serviva.
non mi mancava niente…
soltanto qualcuno con cui correre
il nulla postato da toscalamosca [13/04/2011 13:04]
oggi non è successo niente.
è stato il mio 11 aprile 1954…con due giorni di ritardo.
l’amica postato da toscalamosca [14/04/2011 9:32]
domenica mattina, alle 6:45, sarò nuovamente a melbourne.
sabato mattina, alle 6:25, sarò nuovamente nella città che mette i panda sulle copertine delle sue brochure.
domani mattina, alle 10:30, lascerò per un po’ di tempo alice.
mi dispiace lasciarla. sarà come salutare una cara amica, prima di un viaggio che non sai quanto durerà. un’amica che sai che rivedrai.
e dire che fino a qualche settimana fa non ci volevo neanche venire…chissà, forse per paura che ci piacessimo troppo.
alice è piccola…ma offre tanto ed è molto generosa…
alice da lontano sembra normale, e neanche tanto appariscente…ma quando ti avvicini ti accoglie con un gran sorriso…
alice, che quando sei nel buio del deserto, ti indica la strada…
come un’amica.
e ad un’amica, non puoi fare un torto…devi ritornare a vederla, a trovarla. io glielo dirò francamente…”non so quando ci rivedremo. ma succederà”.
spero che non mi dia un calcio sugli stinchi.
qui ad alice, e nei suoi dintorni, ho capito tanto dell’australia. è stata una brava maestra.
non ha avuto bisogno di parlare tanto e le poche cose che mi ha spiegato, lo ha fatto molto lentamente…come se parlasse a un mezzo sordo che non sa l’inglese. chissà poi perchè.
tutto il resto me lo ha detto in silenzio. soltanto guardandomi negli occhi.
voi mi direte “come si fa a guardare negli occhi una città?” è facile…basta guardarla un po’ sotto la fronte.
percorrendo le sue strade, guardando le sue vetrine, visitando le sue gallerie d’arte, osservando i suoi abitanti, comprando da loro, mangiando con loro, salendo sulla anzac hill, girando per le macdonnell ranges, nuotando nell’ellery creek, cavalcando la Bianchi, semplicemente camminando o correndo nel todd river…era sempre lì con me…che mi raccontava. anche in silenzio.
mi piace ascoltare.
e quando mi parla un’amica…mi piace ancora di più.
la formica postato da toscalamosca [17/04/2011 6:26]
sono sceneggiatore, regista e montatore dei miei pensieri.
prima di leggere il suo nome sui giornali non sapevo neanche chi fosse. non so quanto ne è stato declamato. non so quanto verrà enfatizzata la sua figura.
un uomo di 36 anni è stato ucciso perchè pensava che un popolo fosse schiavizzato e oppresso da un altro. e per questo cercava di urlarlo a tutto il mondo.
l’uomo si chiama Vittorio Arrigoni.
i popoli si chiamano palestinese ed israeliano.
spesso mi capita di rimanere ipnotizzato dal cammino delle formiche. dalla loro ricerca. dal loro lavoro. e allora, spesso, penso che ognuno di quei piccoli esserini che sto osservando è più grande di molti uomini.
cos’è la religione? una promessa? una speranza? una bugia? un sogno? una scusa?
per compiere un lavoro o una ricerca una formica esce dalla sua tana. spesso non riesce a farne ritorno. nel suo viaggio trova qualcosa che glielo impedisce. e che la uccide.
mentre ero sul mio pullmone rosso, hanno trovato il corpo di Vittorio. burattini, che non sanno di esserlo, hanno fatto il gioco di un burattinaio molto furbo. estremisti, che combattono l’estremista hamas, troppo incompetenti per rispettare un ultimatum da loro stessi proclamato.
un uomo ucciso dagli uomini che cercava di aiutare. ed altri, si stanno fregando le mani.
destino vile e beffardo.
un bambino trascina la sua coperta. in tutto il mondo ci sono tanti Linus. questo bambino, domani, potrebbe essere un altro Vittorio. oppure potrebbe uccidere un altro Vittorio. in nome di qualcosa che neanche capisce. manovrato da qualcuno. solo più furbo di lui.
una formica è uscita dalla sua tana. stava andando a fare un lavoro molto duro. ma è stata fermata.
una formica.
finiranno prima gli uomini o le formiche?
il picnic postato da toscalamosca [18/04/2011 14:25]
ultimamente la domenica sera mi tocca andare a letto presto.
in generale qui c’è meno movimento e poi, dall’italia, mi arrivano poche richieste per fare il paggio di compagnia di grazia e bellezza.
considerate anche le previsioni del tempo, che indicavano un bel lunedì e un più nuvoloso martedì, ho deciso di anticipare ad oggi il picnic che avevo programmato per domani.
viste le 2 notti precedenti, dove le mie membra sono rimaste cullate dai sedili dei pullmoni rossi, questa mattina ho alzato il deretano dal letto alle 8. niente partenza quando il cuculo è ancora nel nido.
bagaglio leggero. si gira in ambienti più urbanizzati, un villaggio ogni 25 km, e con solo pochi tratti in cui, tra una macchina e l’altra, avresti il tempo di essere operato a cuore aperto.
si va verso il nord-ovest di melbourne. in mezzo a fattorie e cavalli. cielo blu e allegro venticello. oramai sono talmente assuefatto alla bellezza dei paesaggi, che in certi momenti non ci faccio neanche più caso.
in realtà avrei potuto fare qualche altra foto interessante ma una delle 2 batterie della mia macchina fotografica sta mostrando segni di cedimento. non riesco più a farmi la giornata completa. quindi devo trattenere un po’ l’indice sinistro.
ma veniamo al dunque…il picnic, l’ho fatto qui.
ho visto per la prima volta il film quando stavo per terminare di giocare con le macchinine…per passare all’apicoltura. probabilmente è passato su rai 3, una domenica pomeriggio. mi ricordo delle sensazioni.
la seconda volta, e ultima, devo averlo visto quando stavo terminando di studiare per il mio quarto o quinto esame di geologia…più o meno a 28 anni.
è un bel film. anche se ha 36 anni. è il primo film australiano famoso nel mondo…quasi il primo di un regista, Peter Weir, che ha diretto storie memorabili, una delle quali, The Truman Show, con uno dei più grandi e sottovalutati attori del nostro tempo. sottovalutato soltanto perchè, essenzialmente, è un attore comico.
l’autrice del libro “pic nic at hanging rock”, da cui è stato tratto il film, è joan lindsay. l’ha scritto una decina di anni prima. aveva anche scritto, nell’ultimo capitolo, la spiegazione delle sparizioni delle ragazze, ma l’editore la consigliò di tagliarlo…meno si racconta e più le storie misteriose ne acquistano. dopo la sua morte è stato pubblicato “il segreto di hanging rock”…credo che andrò a recuperarli entrambi.
la montagnetta è un duomo effusivo di trachite…roccia piuttosto insolituccia. diciamo che potrei, semplificando, e rischiando di essere evirato dai miei professori, chiamarlo basalto.
ovviamente sono arrivato in cima (poco più di 700 m di altezza)…100 m di dislivello, da picnic, appunto. ho lasciato la Bianchi ad una cinquantina di metri dalla vetta…non mi sembrava il caso di portarla a spalle.
una volta in cima, dopo aver focalizzato il paesaggio della pianura, ho incominciato a concentrarmi sulla rocca.
è sempre stata una zona poco frequentata prima del ‘900. anche dal popolo originale.
oggi è stata una giornata tersa…ma…provate a guardare attentamente le foto…il parco chiude prima del tramonto…secondo me non è solo per evitare che qualcuno finisca in un crepaccio…
al ritorno mi è solleticata l’idea di prendere un pullman che passa nella zona…che avevo dettagliatamente cartografato ieri sera…
…ma la fermata era questa…
e dietro la baracca c’erano anche i resti dell’ultimo uomo che è rimasto in attesa…evidentemente per troppo tempo.
ah…quasi dimenticavo, che smemorato, che testa.
si è liberato un posto di lavoro sul monte olimpo…cercano il sostituto del precedente dio del vento morto a causa di un incidente strano (gli è caduto un masso di trachite in testa mentre era in bagno).
milite esente…condizioni interessanti…tempo indeterminato…
almeno fino al prossimo geologo.
l’errore postato da toscalamosca [19/04/2011 12:49]
vi ricordate la città dei panda?
solo perchè nel suo zoo ha gli unici 2 cazzo di panda del continente, mette il loro culone nero e bianco da tutte le parti.
ma…sia mai che mi possano bollare come portatore di pregiudizi…quindi, vi faccio vedere un po’ della quinta città dell’australia.
oltre ai 2 cazzo di panda, adelaide, è anche famosa per…un attimo che vado a consultare un po’ di enciclopedie…sono solo 36 volumi…faccio un salto in biblioteca…ach…è chiusa…chiedo alla reception dell’ostello…bene…mi hanno detto che adelaide è famosa per i 2 cazzo di panda.
…ha più o meno un numero di capocce come Torino. come al solito, però, il centro si gira in 10 minuti di bici. città ordinata, lineare, pulita…ti dà un senso di ariosità…perfetta per i claustrofobici.
per i suoi viali, mi ha ricordato molto canberra .
niente traffico. niente caos. si fa in fretta ad arrivare in un posto dove senti tutto ovattato…
nel suo fiume principale…non so come si chiami…se vi interessa andate a cercarvelo…ma tanto poi ve lo dimenticate subito…quindi, che cazzo ve ne frega di come si chiama il suo fiume principale?…comunque dicevo…nel suo fiume principale ci sguazzano le famose oche nere.
sono molto rare nel resto del mondo, ma qui in australia ce ne sono in ognidove, infatti ci fanno il famoso paté di oche nere. si differenzia da quello di oche bianche perchè ha lo stesso colore.
le avevo già viste nel fiume-lago di canberra…sembra che siano il simbolo di perth…e le hanno avvistate anche a sydney…stanno diventando quasi peggio dei cazzo di kiwi.
comunque, visto che non le avevo ancora fotografate e che molti tra voi si reputano buongustai, ho perso 3 minuti della mia vita e gli ho fatto una decina di scatti.
in riva al fiume c’era un gruppetto di giapponesi che le mitragliavano neanche fossero scarlett johansson e jessica alba e che le richiamavano con pezzi di cornetti alla marmellata della nonna.
stavano cercando in tutti i modi di fare una foto come questa…
non mi hanno smembrato con dei cavalli da tiro, soltanto perchè non è proprio perfetta…e non c’è il sole che tramonta…ma erano adeguatamente incazzati. gli ho salutati in italiano con la mia, oramai, famosa frase di buon augurio…”scusate…ma io so’ io…e voi non siete un cazzo!”…ma con rispetto.
un paio di cosette, però, mi hanno reso più simpatica questa città che mette i cazzo di panda sulle sue brochure.
la prima è questa.
è in assoluto il primo negozio di fumetti che mi è capitato tra le dita dei piedi da quando sono in australia. sono entrato ma non avevano l’ultimo numero di Ratman. gli ho detto che lo fa un geologo italiano, e non è possibile che non lo tengano…mi hanno mandato a cagare…ma con rispetto.
la seconda è questa.
adelaide è piena di chiese e chiesette e croci, ma è tutta roba vecchia…è lì per figura.
è veramente famoso il detto che per ogni chiesa hanno costruito anche un pub…
…spirito e corpo…
…con molto spirito…
ma, alla fine, il posto che mi è piaciuto di più, è questo.
è un terminal accogliente. con delle sedie comode e della gente simpatica che ci lavora…tra questi, c’è anche un ragazzo che fa le pulizie, jeff.
è fantastico…passa i bagni, poi gira per tutto il grande atrio che fa da sala d’aspetto per raccogliere eventuali cartacce, poi cammina di sbieco davanti ai box dei vari operatori di pullman per togliere gli aloni dai bassi vetri posti sul bancone, poi pulisce tutte le sedie non occupate, chiedendo sempre permesso e scusa del fastidio…poi ricomincia da capo.
tutto questo, dalle 8 fino alle 17.
qualche generale faceva passare dei soldati stanchi ed assetati davanti ad una fontana, per vedere chi avrebbe ceduto e si sarebbe gettato dentro per poi selezionare solo gli altri…gli integerrimi.
molti italiani dovrebbero fare un salto al terminal dei bus di adelaide.
avrebbero molto da imparare.
il backpacker postato da toscalamosca [23/04/2011 13:29]
“le parole stanno fluendo
come una pioggia infinita in una tazza di carta
scivolano selvaggiamente e si disperdono per l’universo
laghi di dolore, onde di gioia
vanno alla deriva nella mia mente aperta
possedendomi e accarezzandomi...”
il motivo per cui è tra i primi 10 poeti del ‘900, è contenuto nella prima strofa di “across the universe“.
molti non si rendono conto di chi era…di cosa sia riuscito a fare…anche insieme a Paul.
ho avuto la fortuna di conoscere una ragazza, quando avevo 16 anni, il cui padre aveva tutta la discografia dei Beatles.
pensate al vostro libro preferito…il film più bello…la sorpresa più grande.
in una settimana ho scoperto tutto…da love me do a let it be…in mezzo…l’immensità.
prima non sapevo niente…poi, soltanto i Led Zeppelin hanno aggiunto qualcosa.
per il ritorno al mio molo, ho voluto ritrovare un po’ delle sensazioni di oltre venti anni fa.
anche qui, l’estate sta finendo…ancora meno gente mi ha ricordato che sono nella seconda città più popolosa dell’oceania.
avanti e indietro dal mio molo…
seduto e appoggiato ad una bitta in legno…
ho guardato le onde del mare…
onde di gioia mi hanno accarezzato.
…
“…niente cambierà il mio mondo…”
un mondo infinito…un mondo che è anche dentro di noi…infiniti dentro all’infinito.
il backpacker è alla scoperta di questo mondo. ogni giorno della sua vita.
sa che…”ti criticheranno sempre e che parleranno male di te…
sa che sarà difficile incontrare qualcuno al quale tu possa piacere cosi come sei…
quindi vive, fa quello che gli dice il cuore…
perchè la vita è come un’opera di teatro, ma non ha prove iniziali:
quindi canta, balla, ride e vive intensamente ogni giorno della sua vita…
prima che l’opera finisca…priva di applausi“…Charlie Chaplin ha incarnato il più bel backpacker mai esistito con bombetta, baffetti e bastone…Charlot…the Tramp…che sorride ad ogni sventura.
io non ho la bombetta, e non ho il bastone…
ma sorrido spesso.
…
il backpacker sa che deve avere paura…
ma sa che se non ci pensa troppo, può arrivare a toccare il cielo
il backpacker non si preoccupa della strada che ha ancora da fare
il backpacker cerca di capire la gente che c’era prima…
il backpacker butta via solo l’inutilizzabile
il backpacker sale sugli eucalipti
il backpacker dorme quando può
il backpacker non va in automobile
il backpacker non si perde mai
perchè sa che è sempre possibile ritrovarsi
il backpacker viaggia in pullmone rosso
il backpacker sa esattamente dove ha messo le sue cose
il backpacker vede le aquile nel cielo…o forse solo poiane…
il backpacker non teme nessuna compagnia
il backpacker beve dove c’è acqua
il backpacker non viene male in primo piano
il backpacker non va nel primo pub dietro l’angolo
il backpacker vede lontano
il backpacker si accontenta
il backpacker mangia quello che capita
il backpacker conosce i posti dove riposarsi
il backpacker non spende di più per avere lo stesso prodotto…
il backpacker trova i giusti stimoli
il backpacker si guarda attorno…in posti dove non vanno tutti…e scopre cose interessanti…
il backpacker sa esattamente a che punto si trova…
il backpacker si innamora di una contatina dipinta da bastien lepage 130 anni fa
il backpacker sa anche trovare la scala per il cielo…
il backpacker è tutto questo e anche tutto quello che potreste metterci Voi…
perchè siamo infiniti…
l’anzac day clash postato da toscalamosca [25/04/2011 15:25]
11 min 1/4
ess 0-0-0
col 3-1-19
il mio agente mi ha detto che se nei miei post continuo a citare altri autori famosi, rischio 15 anni di galera senza condizionale…sembra che la violazione dei diritti letterali sia un reato non ancora depenalizzato come, per esempio, il falso in bilancio, l’aggiotaggio, la corruzione, l’abusivismo, l’inquinamento ambientale con sostanze tossiche nocive, la concussione, la frode, l’evasione fiscale, ed altri reati minori…devo quindi utilizzare unicamente prodotti partoriti dal mio processore…chiedo venia.
28 min 1/4
ess 0-3-3
col 4-2-26
sono entrato ufficialmente nell’autunno australiano o almeno in quello di melbourne. tutta la città è piena di copie della guida del visitatore, edizione “melbourne in autumn“…con la bella testona di tutankhamun in copertina.
questo vuol dire temperature più basse…tempo più variabile…meno gente…
fino ad oggi ho avuto 2 giorni completamente tersi sotto il cielo victoriano e non ho mai rischiato di essere schiacciato per la calca…deve essere una stagione interessante l’autunno australiano.
ma entrare nell’autunno, in australia, vuol dire anche “anzac day“.
30 min 2/4
ess 3-8-26
col 7-3-45
curiosamente, prima del nostro 25 aprile, c’era già un 25 aprile…in questo giorno, nel 1915, a gallipoli, durante la prima guerra mondiale, più di 8000 soldati dell’anzac furono uccisi dai turchi… (anzac sta per “australia and new zealand army corpos“). era quasi la loro prima battaglia nella Grande Guerra…i comandanti inglesi la gestirono come certi palazzinari stanno gestendo l’italia oggi: salvarsi le chiappe alla faccia della truppa.
da quel giorno il 25 aprile è l'”anzac day“, il giorno in cui si commemorano tutti i soldati delle forze armate caduti in tutte le guerre.
e gli australiani…li commemorano.
dappertutto, dalle città ai villaggini si fanno parate, raccolte fondi, fiere in un clima che è soprattutto festoso ma anche di unione e di forte patriottismo: l’apice del patriottismo aussie.
in questo giorno, come in tutti i giorni in cui ce n’è bisogno, esiste solo l’Australia…e non i 7 stati che la compongono…non ci sono più “mexicans”, “vics”, “bananabenders” o “gropers”…esistono soltanto gli Australiani.
si sente…si percepisce…è una bellissima atmosfera.
si può ricordare dei morti in guerra con una partita di football?
sì…
qui lo fanno.
7 min 3/4
ess 5-8-38
col 7-4-46
nel melbourne cricket ground (mcg), lo stadio più bello che abbia mai visto, giocano ogni anno l”anzac day clash”…e già l’uso della parola clash mi fa sentire vichingo…tra il collingwood e l’essendon…2 delle 7,8,9 squadre di footy di melbourne.
il footy, come lo chiamano qui, è il football australiano, lo sport nazionale…anche se gli australiani sono così sportivi e amanti dello sport che definirne uno solo “nazionale” fa torto ad altri…cricket, rugby, calcio, tennis, nuoto, surf, atletica, ecc., ecc., ecc., ecc.
però, il footy, è l’unico vero sport inventato qui.
8 min 3/4
ess 6-8-44
col 7-4-46
giocano in 18 per squadra con 4 riserve e cambi volanti illimitati su un campo ovale. inizialmente si usavano quelli da cricket…e la tradizione è rimasta. il campo del mcg è 171 x 146 m, ma le misure possono variare. in ogni caso quello del mcg è uno dei più grandi.
avete capito quanto è grande il campo? sono 25.000 mq…sono 2 ettari e mezzo…quasi 4 (!) volte un campo di calcio…delle rocce!
il pallone è sempre in movimento per tutti e 4 i tempi da 20 minuti effettivi. si ferma per 6 minuti tra il primo e secondo e terzo e quarto tempo. tra il secondo e terzo tempo lo devono spalmare con il grasso di canguro del cazzo, quindi si ferma per 20 minuti…deve assorbire.
non c’è fuorigioco…il giocatore può correre con il pallone in mano solo per 15 m, dopodichè lo deve fare rimbalzare per terra, calciarlo o passarlo ad un compagno colpendolo con un pugno.
se un giocatore prende al volo una palla calciata, può decidere se continuare immediatamente il gioco, oppure chiamare una sorta di “mini time-out” in cui si guarda attorno per capire cosa fare…a volte anche continuare da solo.
è un ibrido tra calcio e rugby, dove si gioca con tutto il corpo…e si danno e prendono delle belle mazzate.
…facendo una maratona ad ogni partita.
è vietato prendere a calci l’avversario, prenderlo per il collo o la testa o spingerlo da dietro…mentre salta…non esistono ammonizioni o espulsioni. se qualche giocatore fa qualche stronzata, viene segnalato da uno dei 7 arbitri in campo e squalificato, oppure gli si assegna dei “debiti”…che sconta sempre con giornate di squalifica…oppure prendendo ripetizioni.
se un giocatore fa una delle qualsiasi vaccate che siamo abituati a vedere nel calcio…gioco scorretto, perdita di tempo, proteste, la sua squadra viene punita con una punizione 50 m più vicino ai propri pali, oppure con un “goal square”, una sorta di rigore a porta vuota. ma non capita quasi mai: qui pensano ancora che si debba vincere soltanto con le proprie forze…senza scorciatoie.
alle estremità del campo ovale ci sono 4 pali. se la palla viene calciata tra quelli centrali si fa un goal…e si fanno 6 punti…se viene calciata tra quelli esterni, o viene toccata incidentalmente da un altro giocatore e finisce tra i pali, o viene portata direttamente tra i pali, si fa un behind…e si fa 1 punto.
il punteggio viene segnato indicando il numero di goal, il numero di behind, e la somma totale (per es. 2-5-17: 2 goal da 6 punti, 5 behind da 1 punto, in totale 17…chiaro?…a prova di…evito…per non incappare in ire).
non c’è nient’altro da sapere.
12 min 3/4
ess 6-8-44
col 8-4-52
è un gioco bello…appassionante…vivace…avvincente.
14 min 3/4
ess 7-8-50
col 8-4-52
quando ero ragazzo, per un periodo, l’ho guardato tutte le domeniche…lo trasmettevano su qualche rete televisiva privata…
oggi sono stato uno dei 89626 spettatori dell’anzac day clash.
mi sono avvicinato allo stadio 3 ore prima…
…ho visto famiglie intere, infermieri per il primo soccorso in bicicletta
…i tifosi delle 2 squadre girare uno accanto all’altro.
nessun bagarino: i biglietti si comprano nel loro posto naturale…la biglietteria.
sono entrato nello stadio senza perquisizioni, senza tornelli, attraverso porte a vetri, salendo fino al mio livello con scale mobili da centro commerciale australiano, con hostess e steward che mi hanno indicato dove andare…anche se non ce n’è bisogno.
nelle tribune, con posti tutti a sedere, e attorno al campo, non ci sono ringhiere, vetri, barriere di alcun tipo…qua e là ci sono coppie di poliziotti….quelli normali…gli unici che hanno qui che girano ma soprattutto guardano lo spettacolo.
16 min 3/4
ess 7-9-51
col 8-4-52
dentro lo stadio tante bandiere, sciarpe, cappellini e magliette…ma nessun petardo o fumogeno…mi sono sempre chiesto che cazzo servono.
sui maxi schermi trasmettono la partita dell’anno scorso.
20 min 3/4
ess 7-9-51
col 9-4-58
a circa 1 ora e mezza dall’inizio della partita, inizia a suonare la royal australian navy band…assetto da gruppo rock, con un cantante che assomiglia a malkovich con la barba, e 2 coriste che però cantano anche a solo…repertorio evergreen anni 60 e 70.
poi il capitano dell’essendon, che gioca “in casa”, consegna 2 palloni agli arbitri: sono quelli con cui si giocherà la partita…è una tradizione.
24 min 3/4
ess 7-9-51
col 10-5-65
dopo attaccano a suonare “the diggers”…i sabotatori…i primi che furono massacrati a gallipoli…prima una canzone per la memoria, poi with a little help from my friends e un altro paio di canzoni folk.
poi lo speaker annuncia l’entrata in campo dei rappresentanti dei veterani.
…tutti in piedi…
si parte con quelli della seconda guerra mondiale, poi corea, borneo e vietnam…in mezzo anche 2 crocerossine che hanno prestato servizio nel ’45 sul fronte tedesco.
…si tolgono le reti di protezione dietro i pali…
32 min 3/4
ess 7-10-52
col 10-6-66
…entrano le squadre in campo…prima il collingwood, poi l’essendon…tutte e due accompagnate dal loro inno: marcette allegre che dicono che faranno un culo tanto all’altra squadra.
dopo un’altra mezzora di riscaldamento, si schierano in mezzo al campo…
…lo speaker annuncia l’entrata dei rappresentanti delle forze armate…
…silenzio…
…tutto lo stadio…
90.000 persone…e non si sente niente.
solo il tamburino che accompagna i 5 soldati.
…emozione…tanta…
e il silenzio continua per tutta la marcia militare…che per 20 secondi si ferma per ascoltare ancora di più il silenzio che è veramente assordante.
20 secondi in cui nessuno respira…
…e si sente tutta l’Australia.
poi l’inno nazionale…
poi un corno suona e avverte che si deve sgombrare il campo…
poi un corno suona e comunica che le squadre sono in posizione…
poi un corno suona e l’arbitro fa rimbalzare il pallone al centro del campo…
e la partita inizia.
20 sec 4/4
ess 8-10-58
col 10-6-66
è bello il football australiano. sono belli i giocatori, tutti…anche quelli bassi…alti solo 1,75 m…la media è come me, con solo 6-10 kg in più…non sono armadi…devono correre per 2 ettari di campo per 80 minuti sono…come quelli di riace…i bronzi.
6 min 4/4
ess 9-10-64
col 10-6-66
tra il secondo e il terzo tempo, durante l’intervallo lungo, il campo viene diviso in 9 campetti: 8, 4 da una parte e 4 dall’altra, sono usati dai pulcini delle scuole di footy della città, nella fascia centrale giocano gli allievi delle 2 squadre maggiori.
9 min 4/4
ess 9-10-64
col 12-7-79
…ho visto bambini di 6 anni darsi delle legnate da spettacolo! cadere, alzarsi, ricadere e rialzarsi…cazzo di italiani…
19 min 4/4
ess 10-10-70
col 14-8-92
dopo 4 ore complessive di spettacolo l’ anzac day clash finisce.
27 min 4/4
ess 11-11-77
col 14-9-93
il collingwood ha vinto ancora: da oggi conduce 10 a 7 e per la seconda volta il giocatore del giorno è il ventitreenne scott pendlebury…1,91 m per 91 kg.
esco dallo stadio e riprendo la bici, parcheggiata di fronte al gate 1…
30 min 4/4
ess 11-11-77
col 15-11-101
…ho visto gli australiani giocare…
…ho visto gli italiani giocare…
…la differenza tra due nazioni si vede da come si gioca.
32 min 4/4
ess 11-11-77
col 16-11-107
la mancanza postato da toscalamosca [27/04/2011 08:12]
prima della mia partenza, quando ho intrapreso il tour dei saluti, che ha fatto molti giri e ha doppiato diversi partecipanti, molti di voi mi avranno sentito dire che sarei rimasto per tanto, tanto tempo in questo enorme e magnifico paese.
a qualcuno ho anche confidato che difficilmente sarei tornato.
ero convinto…
…almeno fino a pochi giorni dalla partenza…un pugno.
poi, una volta arrivato a sydney, ho impiegato un paio di giorni per capire, con certezza, che, nel mio piano di emigrazione, non avevo fatto i conti con una variabile…
Voi.
puoi trovare amici ovunque…se sei un po’ buffo come me…anche se non capisci un tubo di quello che ti dicono…
ma Voi non siete ovunque.
purtroppo siete in italia, almeno nell’italia di oggi.
mi fa male pensarvi e non potervi avere vicino a me, con il vostro permesso, ovviamente.
pensavo di essere più cinico ma mentivo a me stesso.
i bagagli sono fatti. la Bianchi è impacchettata.
stasera berrò una birra alla vostra insieme a Leonardo e domani vi racconterò l’ultima.
il mattino di dopodomani mi ritroverà nuovamente sulla terra che diede i natali a Goffredo.
spero di ritrovarvi.
la prossima volta organizzo un bel pullmone rosso…
con un simpatico vecchietto come autista…
con anche il carrello…
vi carico tutti…
e si va fino ad Alice…
il paese delle meraviglie e degli unicorni.
Volete?
la business postato da toscalamosca [05/05/2011 01:16]
dicono che tutto finisce…prima o poi…
basta convincersi del contrario e puoi andare avanti quanto vuoi o fermarti quando vuoi.
il giorno scelto per iniziare a ritornare in italia è arrivato. da melbourne arriverò a sydney, dove prenderò il volo intercontinentale per abu dabi.
arrivo a sydney con 40 minuti di ritardo, il che non sarebbe un problema, se non fosse che il volo per abu dabi parte alle 15:15 e io sbarco dal volo “domestic” alle 14:35.
ci fanno fare il check in internazionale nella maniera meno ortodossa che abbia mai fatto: mi chiedono il nome e mi stampano la carta di imbarco, poi dal terminal domestic si va al teminal international.
12 minuti di bus interno, che per 300 m esce anche dall’aeroporto.
arrivo al terminal e mi viene consegnato un “pass fast” per superare il controllo passaporti, arrivo al metal detector e davanti a me c’è solo una persona, ma è un uomo con le stampelle e senza una gamba, nonostante questo, o proprio per questo, gli addetti alla sicurezza si mettono ad ispezionargli anche il ciappet…passo anche io….non mi trovano niente che può esplodere, a parte la mia sacca scrotale.
leggo sul terminal che il mio volo parte dal gate 59…500 m dalla postazione dei controlli…leggo il display proprio mentre la scritta “boarding” si trasforma in “final call”…maremma maiala…mi metto a correre, anche se probabilmente non ce ne sarebbe bisogno ma l’ansia me lo fa fare…arrivo al gate quando hanno smaltito quasi tutti i passeggeri, sarò il penultimo a salire…poso lo zaino in attesa di passare e mi accorgo che una delle scarpe da ginnastica, che avevo infilato nelle reticelle laterali, non c’è più. lascio lo zaino a una coppia di ragazzi, corro indietro per 400 m ma non la trova…maremma troia…ritorno un poco mesto al gate…recupero lo zaino, tolgo l’altra scarpa e la lascio su un bancone…sono state delle buone scarpe.
…e, nella fretta, non sono riuscito neanche a passare all’ufficio trs per recuperare 35$ di tasse da me non dovute sugli acquisti di questi mesi: hanno fatto apposta a fare ritardare il volo da melbourne…bastardi australiani.
salgo a bordo dell’aereo della v-australia, partner della ethiad…ho il posto 11c…passo in business e vedo l’11 c libero, ma penso che abbiano risparmiato sui nomi dei posti e ci sia un omonimo in economica…quindi tiro avanti…vedo una hostess, che mi fa ritornare in business…per il viaggio da 15 ore avrò un enorme metro quadro di spazio tutto per me…ed in economica conto almeno 3 posti liberi…
c’è sempre una compensazione.
nella mia bella postazione lusso trovo delle belle cuffie insonorizzanti per ascoltare tanta bella musichetta. una volta indossate non si sente quasi il frastuono dell’aereo, ma ti fermano la circolazione di tutta la calotta cranica: poco male, non c’è più quasi niente da ossigenare.
Eric Clapton, Beatles, Ramones, Def Leppard, AC/DC, Meat Loaf, il Boss…ascolto gli album più belli della crema del rock…quando Janis inizia a cantare “summertime” inizio a muovermi sul sedile…quando passa a “me and bobbi mcgee” sono a woodstock a ballare nudo sul prato…e quando Robert Plant attacca black dog, la hostess, bellissima, di nome sera, mi viene a chiedere se va tutto bene…io gli rispondo “of course…thank you” e continuo a usare lo schienale del passeggero di fronte a me come una batteria.
poi lo schermo che visualizza il tracciato del volo, mi dice che sto passando sopra Alice…
la saluto e le mando un bacio…
e, guarda caso, proprio in questo momento i Ramones stanno cantando “today your love, tomorrow the world” e la hostess, passando accanto a me, muove onde di vaniglia…
effluvi per i miei sensi intorpiditi.
arrivo in una delle due cazzo di città nel deserto degli emirati, città che dimostrano quanto l’uomo è stolto…rimango qualche ora ad aspettare l’aereo per milano…
nessuna altra botta di culo: le quasi 7 ore per raggiungere la città dei navigli ricoperti e interrati le passerò sullo stretto sedile da viaggiatore economico.
…sui rulli dei bagagli della malpensa, si materializza immediatamente il mio trolley ma cerco un carrello, e li trovo soltanto dentro ad un dispenser che per mollarne uno vuole 1 euro: ma se uno arriva a milano dal congo belga con 5 valigie, come cazzo fa ad avere 1 euro per prendere un carrello? cazzoni italiani!
la Bianchi la vado a recuperare nel settore dei bagagli fuori misura…sta bene…
esco dallo spazio viaggiatori e trovo un sorrisone sornione di un farmacista/chimico/biologo/medico o quello che cazzo è che mi attende…
…che dire non sarà scarlett johansson o una piccola amica e non avrà un collo vellutato da baciare e odorare, ma mi fa dimenticare di essere tornato in un triste paese.
e mi fa capire che ho fatto bene a farlo.
THE END
…bonus track (:-D)
il kiwi
il kiwi è un uccello senza ali…
basterebbe questo…cos’altro bisognerebbe aggiungere?
un toro senza corna…un tonno senza pinne…un lemure senza coda…
john holmes senza uccello…
la mente vacilla al solo pensiero.
un uccello senza ali…
a volte…è chiaro…qualcuno si faceva di lsd, quello tosto, mentre faceva il suo lavoro.
eppure, da un po’ di tempo, molti uomini sulla terra, molte donne sulla terra, in europa, in italia, pronunciano un nome con affetto, con simpatia…
kiwi…
…un uccello senza ali.
un uccello che i neozelandesi provano ad estinguere da 200 anni…
talmente tanti ne escono anche dalle loro mutande la mattina…
quando vanno a caccia di uccelli…
senza ali.
esistono tanti altri bellissimi animali in cui profondere il proprio amore.
il ratto talpa, il cane cinese con la cresta, la pantegana albina o, ancora meglio, il batterio yersinia pestis che chiede poco, niente, e dà veramente tanto.
invece…tutti lì a menarla con il kiwi…
un uccello senza ali.
…e da qualche giorno si parla anche del kiwi bianco…come se non fossero abbastanza quelli mm…
marroni merda.
qualcuno potrebbe pensare che il mio astio sia dovuto al fatto che mi hanno fatto cadere mentre pedalavo beato di notte in mezzo al deserto…
ma figuriamoci…per così poco…
…
…
…
per così poco…
…
…
…ho ancora le cicatrici…dopo quasi 2 mesi…
…
figuriamoci.
noi abbiamo le quaglie…fanno gli ovetti di quaglia, fanno il salmì di quaglia, fanno il timballo di quaglia…
e hanno le ali.
i kiwi…no.
non ci puoi fare niente con un kiwi.
sono palloncini gonfi con un po’ di piume, brutte, incollate sopra.
lo so…ho sentito il rumore che fanno quando scoppiano…
puff…
come le vesce bianche quando sono mature…
puff…e salta fuori una polverina giallognola-marrone…provato a respirarla?…interessante.
nel kiwi, neanche quello. sono vuoti con un po’ di piume e un becco curvo e lungo che usano per ravanare nelle palle di sterco…
puff…e scompaiono…
teletrasportati su vulcano.
perchè credete che spock e tutti i vulcaniani abbiano le orecchie a punta…
e non sorridono mai?
perchè tutti i kiwi, quando esplodono, vanno a finire su vulcano.
prima andavano a finire tutti a hobbiville.
perchè credete che gli hobbit abbiano tutti quei grandi…grossi piedi?
hanno scoperto che il kiwi, appena arrivava da loro, dopo essere esplosi la prima volta, se calpestati con veemenza esplodevano di nuovo…
e finivano su vulcano.
prima i vulcaniani erano un popolo felice. facevano feste tutte le sere…
e i vicini non battevano sul pavimento.
poi…
il primo kiwi…il secondo…il terzo…
il settecentoquattordicesimomilionesimo…
e si sono rabbuiati.
prima hanno iniziato a strapparsi i capelli…lo avete notato vero? sono tutti parrucchini…
poi hanno iniziato a tirarsi le orecchie.
odiano gli hobbit.
la prossima volta, guardate bene, sugli olifanti, una delle armi segrete di sauron, ci sono loro, solo un po’ mascherati.
gli è andata male…
poveracci.
hanno provato a censire la popolazione di kiwi.
i tecnici non facevano in tempo a finire di contare quelli dentro al campo di jeff bigscrotal che tutti i maschi avevano ingroppato tutte le femmine che avevano deposto 15 uova a testa da cui erano fuoriusciti 3 gemelli da ognuno…
il lavoro con il più alto tasso di mortalità dello stato.
hanno stimato che al momento la popolazione di kiwi potrebbe riempire tutti gli orifizi di tutti i cinesi…
e anche di qualche giapponese.
e continuano ad aumentare…
sempre di più…
l’asse terrestre si sta piegando.
pensate che non sia possibile? che, in fondo, non se ne vedono molti?!?
sono abili trasformisti.
prima si mascheravano da merli. ma potevano stare soltanto in uno per costume.
adesso si travestono da balenottera azzurra…
riescono a starci in 565.341…
ma il grande kiwi dice che riusciranno, a breve, a raggiungere i 600.000.
hanno anche il progetto di travestirsi da himalaya..saranno cazzi.
cazzo di kiwi…
puff
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